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Latina. Elezioni. Sinistra sinistrata: esce a testa bassa dal confronto con Vincenzo Zaccheo.
Claudio Moscardelli mandato lucidamente alla rovina
Quattordici liste, centinaia di candidati a consigliere comunale e una gran voglia di fare politica. Così Latina ha riscoperto se stessa, con i pregi e le virtù. Se le passioni che hanno motivato una così grande partecipazione civica e una così grande voglia di concorrere alle elezioni comunali paiono dirci in prima battuta che tutti e non solo Zaccheo hanno Latina nel cuore, le ragioni per una competizione così agguerrita e dal finale per le grandi linee scontato, ci sospingono a cercare le obiettive ragioni.
Innanzitutto, così come su scala nazionale, assistiamo ad un ritorno alla politica in grande stile: una passione che pareva tramontata, o almeno ricondotta a limiti fisiologicamente compatibili con il modello di tipo bipartitico e maggioritario, ha dominato la scena, per quanto poi, ai risultati politici, la gran parte delle liste ha raccolto percentuali minime (anche esse messe in conto dai partner).
Ciò che emerge, è come il confronto serrato abbia visto la competizione finalizzata alla conta anche in previsione delle future tornate elettorali: pesare ben bene il ruolo di ciascuno significa potere porre condizioni sui contributi elettorali in termini più precisi, ovvero valutare le dimensioni degli spazi da potere occupare, per quanto ai margini dei grandi complessi elettorali costituiti dai due poli. È questo il significato delle liste dei Verdi e di Rifondazione da un lato e, per versi più particolari, di quella di Mancini per i socialisti e di Forza Nuova e del Fronte Nazionale, che hanno partecipato in estrema concorrenza e con un nome di grido come Adriano Tilgher, per l’altro verso. Dagli esiti elettorali, per quanto ancora parziali, questi calcoli sono stati frustati da un’accentuata marginalizzazione. Perfino Mancini, che ha fatto il pieno di preferenze personali con la lista socialista, ha avuto un clamoroso e per lui inaspettato flop.
Deludente, fin troppo deludente il risultato raggiunto da Moscardelli per l’Ulivo. Il candidato, per quanto pare che abbia superato le preferenze di lista dei partiti dell’Ulivo, pare che sia stato mandato lucidamente alla rovina. Si potrà obiettare che, rastrellando la dispersione elettorale per la frammentazione delle liste di sinistra, questo “cartello” comunque si assesta attorno a un 25% complessivo, cifra non irrilevante in una città votata più che mai a destra. Una precisazione di tal genere è parzialmente corretta, infatti non possiamo dimenticare che la sinistra avrebbe potuto giocare all’attacco e con una infinità di moduli tattici e di programmi elettorali concreti, che potevano ben sperare nell’attenzione dell’elettorato non schierato e in quello già disaffezionato “a destra” perché, quantomeno, negli ultimi anni l’amministrazione uscente aveva brillato per la inconsumabile mediocrità e per l’alto grado di conflittualità interna, dovuta tanto ai soggetti politici componenti la coalizione quanto al ruolo e al pensiero inincidenti nelle grandi questioni sociali del primo cittadino (l’unica sua politica sociale è stata quella di far realizzare i “salotti” nelle piazze cittadine alle industrie presenti sul territorio). Peraltro, la sinistra aveva avuto tante buone e serie occasioni per mettere sulla griglia le inconcludenze amministrative e il ruolo troppo appiattito su Finestra che aveva svolto lo stesso Zaccheo all’interno della coalizione. L’Ulivo si è invece autominimizzato riducendo i suoi attacchi a qualcosa di poco costruttivo, in cui prevaleva la critica per la critica, e i cui aspetti di programma risultavano essere marginali e di tipo innovativo sì ma in senso distruttivo (basti pensare alle proposte urbanistiche avanzate da Moscardelli). La bocciatura delle idee dell’Ulivo, come si poteva avvertire durante la campagna elettorale, avveniva all’interno della stessa sinistra. Il candidato della destra, Zaccheo, che poteva mettere ed ha messo in conto reazioni negative dei recalcitranti fra gli alleati da lui combattuti sino all’ultimo sui nomi da candidare, quanto dal peso eccessivo esercitato nella vita politica della città e della provincia con esiti non sempre positivi (ad iniziare dalla sconfitta incassata sulla “diarchia” all’internodi A.N. in epoca non remota che lo vedeva vittima e partecipe volontario della propria diminutio), ha saputo fare virtù dalle esperienze. Pertanto, lo scarto che probabilmente risulterà fra i voti da lui conseguiti e quelli conseguiti dalle liste, non costituisce una obiettiva penalizzazione della sua elezione. Egli ha conseguito davvero un successo insperato nelle dimensioni, e al tempo stesso ha dimostrato di avere avuto ragioni da vendere nel diffidare e nel combattere certi circoli.
Zaccheo ha intrapreso una campagna elettorale di basso profilo, abbandonando velleità irrealizzabili e peraltro non valide, come è stato il caso dell’aeroporto, e, voltate le spalle ai polveroni, ha individuato priorità concrete, ad iniziare dalla esigenza improcrastinabile di dotare la città di un nuovo ed adeguato grande ospedale, esigenza sentita da tutti in maniera quanto mai viva. Sullo sviluppo urbano e sul recupero degli edifici di fondazione, dopo aver toppato su palazzo M e sulla Guardia di Finanza, ha individuato nel palazzo delle Poste un obiettivo che costituisce “immagine” ed ha riscontrato grande interesse, anche se non per la nuova possibile utilizzazione. Ma, se Latina sta proprio nel cuore, il nuovo sindaco deve saper dimostrare sin dalle prime battute, anche per il grande margine di successo elettorale che può far ben pesare sui suoi alleati in maniera netta, di sapersi liberare dai laccioli delle alleanze e dalla negativa eredità della precedente amministrazione. Egli deve anzitutto dimostrare, nella lealtà verso gli alleati e gli elettori, di saper lavorare formando una squadra di referenti - assessori, consiglieri, consulenti, esperti - in grado di affiancarlo a livello qualitativo, giacché il programma post elettorale va scritto, riempiendo di contenuti quello piccolo piccolo del periodo elettorale. Se sarà confermato il sorpasso di Forza Italia su AN, ciò non incide su queste osservazioni. Il tema del sorpasso può e dovrà portare ad analisi e riflessioni specifiche, che ineriscono alla conduzione politica e non solo elettorale all’interno dei due partiti e alla scelta di uomini operata in questi ultimi anni. Fermo rimane poi il fatto di crescere in misura proporzionale ai crediti e non alle promesse, come criterio di base.
Si deve riconoscere a Zaccheo di avere combattuto una campagna elettorale attorniato da molti nemici, anche fra gli amici “interessati”, nemici i quali hanno spostato l’attenzione dai problemi più diretti e gravi della città. Anche se questo non fosse accaduto, non gli sarebbe stato comunque consentito di affrontarli con la tranquillità d’animo necessaria, almeno ritengo. Egli così ha avuto buona e positiva occasione di allinearsi al nuovo modello di comunicazione di Fini, leggero e mediatico, sicuramente vincente nella terminologia prescelta, aperta e amicale, deconflittualizzante lo scontro elettorale. È segno di un’ulteriore crescita politica, che dimostra come stare a destra ed essere di destra non implica alcuna nozione “retrò” ma, semmai, implica capacità di adeguamento alla realtà sociale odierna, più che cura dell’immagine.
È doveroso prendere atto della formidabile affermazione dell’UDC, ma è anche bene interrogare e chiedere agli esponenti di questa forza se mireranno a un lavoro politico sinergico, ovvero se mireranno a svuotare il processo del rinnovamento politico - di per sé già difficile e spesso arrivato alle secche -, pur di raggiungere obiettivi settoriali, di tornaconto e di clientela. Nel qual caso, e ci auguriamo che ciò sia solo un’ipotesi irrealistica, che questa sia una forza che voglia esprimere convinte convergenze e non giocare alla concorrenza a sinistra, altrimenti l’antagonismo programmatico e di metodo con AN non potrà che manifestarsi che a breve termine. In simile, estrema ipotesi, è bene che Forza Italia prepari per sé panni ben caldi, per vincere ogni febbre e ogni vecchia e nuova tentazione e svolgere il ruolo che si confà a un partito di governo e non a un partito troppo specializzato e settorializzato nel manifestare gli interessi e i bisogni della città e di chi ci vive. Rimane ai vincitori dimostrare il cosa, e il come.
Domenico Cambareri
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