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Gaeta. Libri sulla cresta dell'onda. Federico Salvatore: «Pino Daniele ha svenduto Napoli al business. Io sto tentando di percorrere altre strade»

Davanti le Telecamere di ParvapoliS Federico Salvatore. Più noto come cabarettista ed intrattenitore che come cantautore raffinato e profondo. "S'io fossi San Gennario", è una ballata dai versi bellissimi, tanto che Diego Cugia lo ha addirittura paragonato a Fabrizio De Andrè. «Un atto di accusa fortissimo a chi ha svenduto o rinunciato alla napoletanità. Da Renzo Arbore che tenta di venderla all'estero, osannato dai giornalisti. A Pino Daniele, sottorrato dal business. Io, diciamoci la verità, un po' di business l'ho fatto. Ma la vita ti cambia. In questa mia nuova faccia avevo voglia di dire che Azz' mi stava un pochino stretto». Ma questa nuova fase ti ha fatto scontrare, e pesantemente, con la censura. «Sì, basta pensare che "S'io fossi San Gennaro" fu trasmessa solo da Diego Cugia nel suo «Alcatraz». Stop. Nessuna radio la passò mai». E da questa tua "rinascita" è nato "L'osceno del villaggio", il tuo ultimo Cd... «Un altro dei miei giochi di parole. Il riferimento è a Totò. Anche Federico e Salvatore, del resto, nacquero come rilettura del marchese e lo spazzino de "'A Livella". Un altro grande maestro, Edoardo De Filippo, diceva che l'innovazione poggia sulla tradizione». Cosa ti auguri per il futuro? «Voglio crearmi un piccolo pubblico. Pochi ma buoni. Amen».

Claudio Ruggiero

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