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Latina. La città sogna. Domenico Cambareri: «Il Polo Aerospaziale pontino non è utopia.
Bisogna solo rimboccarsi le maniche e lavorare»
I criteri della mondializzazione dei mercati sospingono sempre più verso livelli di mobilità accentuata, come ormai tutti sanno. Non solo i lavoratori ma anche intere strutture produttive vengono spostate a centinaia o a miglia di chilometri di distanza. Indubbiamente, il profitto svolge un ruolo non indifferente in questa nuova strategia delle grandi e delle piccole e perfino piccolissime attività produttive.
Certo è che le fasce delle attività produttive più colpite da questi cataclismi socio-economici per le famiglie dei lavoratori coinvolti, come ha avuto anche occasione di sperimentare la provincia pontina recentemente, sono quelle che si basano su dei processi artigianali o industriali facilmente utilizzabili in altre contrade, poiché il livello di specializzazione richiesto agli operai è diffuso e quindi facilmente reperibile con costi enormemente inferiori. È anche vero che le attività non esportabili o difficilmente esportabili, secondo i principi di elevata mobilità della “new economy”, sono quelli ad elevato contenuto tecnologico. In particolare quelle del settore coperto in Europa dall’interesse diretto degli Stati, perché ricadente nell’ambito delle tecnologie avanzate e di applicazione militare. Sono infatti esse quelle che permettono le maggiori ricadute tecnologiche a beneficio del settore civile in archi di tempo ancora abbastanza ampi. È pertanto doveroso soffermare l’attenzione anche su questo aspetto, non secondario, ai fini della individuazione della scelta di attività industriale e di posti di lavoro non soggetti ad un surplus di condizioni di “incertezza di stabilità”. Agire, cioè, con avvedutezza e con calcolo politico ai fini di garantire maggiori sicurezze e maggiori risorse al territorio, non è cosa da poco.
In termini più generali ma più precisi, ciò significa che ogni analisi strutturale a medio e lungo termine sulle potenzialità locali al fine di individuare ottimali o comunque altamente competitive localizzazioni degli investimenti produttivi non può prescindere dalla sagacia e dalla sana ambizione dei politici, degli amministratori regionali, degli enti locali e degli imprenditori. La lungimiranza politico-imprenditoriale nel perseguire il raggiungimento di determinati fini non può ulteriormente fare a meno dell’affinamento del suo “fiuto”, ossia della capacità di sapere valutare discernere trascegliere individuare entro ottiche complessive in grado di proiettare in avanti il futuro prossimo che diventa velocemente il presente. In questo senso, una scelta pagante riguarda, ad esempio, quella delle tecnologie avanzate di cui sto qui parlando. Più precisamente, in questo ambito che risulta essere già ampio, parlo dell’industria più direttamente legata alla ricerca, all’innovazione e alla produzione del comparto aerospaziale e della difesa..
Per inciso, in questo settore, responsabilità enormi e imperdonabili pesano sulla classe politica che ci ha governato sino allo scorso anno, responsabilità politiche, economiche e storiche di cui si avrà una più esatta percezione in un non lontano futuro per i “non addetti ai lavori”. Per essere più preciso in questo riferimento ancora non storico ma di quotidiana, negativa attualità, ecco dei dati d’immediato effetto nel loro raffronto: risulta che in questo comparto, industrialmente strategico e trainante, il personale impiegato in Italia è sceso al di sotto delle 40.000 unità da diversi anni, di contro alle 600.000 complessive del Regno Unito, e al mezzo milione in media di Francia e Germania. Inoltre, un altro rapporto è massimamente indicativo: nel settore satellitare, fortemente duale (militare/civile), la Francia investe otto volte più dell’Italia.
Tuttavia, e con un sicuro tuttavia, qualcosa sta per determinare un importante cambiamento. Infatti, la nostra nazione, per tutta una serie di situazioni riconducibili a quella “sfasciata” azione politica dei precedenti governi, è impegnata nella partecipazione bi/ multilaterale alla progettazione, alla industrializzazione e alla produzione di nuovi mezzi d’impiego militare e militare/civile ad alto livello tecnologico. In buona misura, ciò deriva da due concorrenti motivi: il depauperamento, la vetustà e l’insufficienza dello strumento militare nazionale, e l’esigenza di non venire esclusi dalle nuove alleanze finanziario-industriali europee e mondiali del settore. Per quanto la nostra partecipazione a questi investimenti sia in linea generale al di sotto della soglia di valida ricaduta e del nostro interesse e del nostro ruolo internazionale, sottostimati dai nostri governanti, ciò determinerà di fatto un grande accrescimento delle spese militari dedicate all’innovazione tecnologica.
Il bilancio dello Stato destinato alla Difesa, Carabinieri inclusi, sceso al limite record dell’1% , dovrà necessariamente crescere, anche con il varo di “leggi speciali” finalizzati alla sopravvivenza operativa dello strumento militare, sino all’1,5% in una lunghissima scala decennale che spero che possa essere abbreviata di molto. Un dato minimo è comunque certo: almeno 120.000 miliardi delle vecchie lire saranno destinate all’investimento (ricerca e sviluppo, ammodernamento e “potenziamento”) delle forze armate. Se a ciò aggiungiamo gli investimenti e la produzione del settore esclusivamente civile, possiamo capire come la nostra industria possa ricominciare a produrre non solo per dotarsi di quanto occorre al Paese, ma anche ed economicamente soprattutto quanto possa ricominciare ad esportare. I due aspetti risultano essere distinti solo inizialmente: essi determineranno comunque un sicuro accrescimento dei posti di lavoro.
È bene quindi attrezzarsi in termini di cultura politica ed economica, di progettare arditi e coraggiosi progetti, avanzare richiesta in sede governativa di discutere sul futuro assetto nazionale delle industrie di questo settore.
Latina e la sua provincia hanno le carte in regola per poterlo fare: poste in posizione geografica centrale, ben collegate e contigue a Roma (dove vi sono stabilimenti di grande importanza nel settore radaristico e dell’elettronica), fornite di grandi spazi e di una forte presenza di basi militari e di un aeroporto militare, rappresentano l’ideale e il pratico sviluppo vitale a sud di Roma, senza lasciare sottintendere Pomezia, la grande base aerea di Pratica di Mare, i porti e tanto altro ancora.
Qui non sto descrivendo un miraggio, ma sto parlando di cose al massimo concrete, contro l’ottusità di menti solitamente intente a calcolare gli interessi di cortile o dei condomini partitici di circoscrizione o di posti di lavoro impiegatizi (generalmente parassitari) o del terziario, fortemente legato al volano industriale, primo fattore dell’arricchimento del pil. La provincia di Latina ha già nel suo territorio operanti da anni alcune industrie del settore aeronautico. Una di esse è particolarmente dedicata alla produzione d’interni del comparto civile che ha avuto anche grandi commesse internazionali. La stagnazione presente deve non fare demordere e semmai far reagire imprenditori e politici per uno scatto di creatività e di forte volontà di lotta. Le fette della grande torta sono in grado di apportare lavoro e ricchezza a quelle località che beneficeranno direttamente della crescita della produzione e dei posti di lavoro. Questa è perciò un’occasione da non perdere, un’occasione unica in cui i parlamentari nazionali ed europei, i consiglieri regionali e la provincia e i comuni devono prendere coscienza di quanto qui viene detto e fare azione comune per fare cadere nel nostro territorio Ciò che in termini tecnici ma comprensibili viene detto “individuazione della localizzazione” di parte degli investimenti più qualificati e più qualificanti di questo nuovo decennio.
Domenico Cambareri
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