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Latina. Articolo 18. Daniele Capezzone: «I comunisti non hanno la più pallida idea di
cosa sia una piccola impresa. E difendono il lavoro nero»
Davanti le Telecamere di ParvapoliS Daniele Capezzone, segretario nazionale
dei Radicali Italiani. Verdi e Rifondazione Comunista parlando di estensione dell'articolo
18. «Li vedete in tivvù. Bertinotti, Pecoraro Scanio. Sono bravi. Sono buoni. Vi spiegano
che bisogna difendere i diritti di tutti. Cominciamo col dire cosa vogliono loro.
Sapete cosa accadrebbe, se passasse il loro referendum? Che se un negozio, un bar,
una bottega artigianale a conduzione familiare, padre, madre, figlio, ha bisogno di una persona,
anche solo per pochi mesi, non può assumere. Deve essere per forza un matrimonio
senza possibilità di divorzio, un contratto che dura tutta la vita. Comprenderete che è
una follia. Quello che è chiaro è che sono comunisti e non hanno la minima idea di cosa sia
una attività imprenditoriale, cosa sia un negozio e cosa voglia dire gestirlo. Quindi
cosa succederà? O non si assume più, perché è chiaro che se io, piccolo imprenditore,
assumo e poi posso licenziare, magari lo faccio ma se questo diritto mi è precluso non lo farò mai. Oppure assumerò in nero. I comunisti vogliono continuare, di fatto, a sostenere il
lavoro nero, questo sì non garantito, questo sì non protetto. E poi ci vengono a parlare
di difesa dei deboli». Vi aspettate sostegno da Confindustria o dal "popolo delle partita Iva"?
«Io vorrei solo che i cittadini sappiano quello che i lettori di ParvapoliS hanno ascoltato (o letto) oggi. Il sostegno lo vogliamo solo da loro».
Marco Battistini
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