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Roma. Vortex, il brivido del segno e del suono. Giano Accame: «Ci si preoccupò solo di non essere colonizzati da un movimento troppo italiano»

Davanti le Telecamere di ParvapoliS Giano Accame, storico tra i più attenti e "prestigiosi" in Italia ma anche filosofo e teoretico della destra italiana. Autore di numerosi saggi (l'ultimo, «Una storia della Repubblica», per i tipi della Rizzoli è campione di incassi con oltre 65000 copie vendute), giornalista (collaboratore storico del «Borghese», è stato direttore del «Secolo d'Italia»), Accame ha aperto tra l'altro la scorsa edizione de «Gli Incontri culturali di ParvapoliS» organizzati dalla nostra testata. Il Vorticismo: un'esistenza breve, spiccioli di anni durante la prima guerra mondiale. Un movimento che ha avuto una forte influenza nel mondo culturale? «No. Non è sicuramente tra i movimenti più importanti delle avanguardie. Ma ha rappresentato invece un momento interessante della maturazione di Ezra Pound, il grande autore dei Cantos. Cosa sarebbe stato Dante se avesse composto solo «La vita nuova»? Un poeta importante come Cavalcanti. Gli esordi di tutti i poeti sono importanti, ed è bene occuparsene». Qual è la differenza tra il Vorticismo e il Futurismo italiano? «Nessuna. Il Vorticismo, la teoria del Vortex come punto di massima energia, è una preoccupazione anglosassone di non essere colonizzati da un movimento italiano. C'è poi una maggiore complessità del Vorticismo, questo sì. Quando ho letto il Manifesto di Marinetti sono stato colpito dalla sua forza. Quando ho letto quello di Pound non l'ho capito. Io vengo da una tradizione, giornalistica, storica, culturale, che pensa che la fatica maggiore la debba fare chi scrive e non chi legge. Pound non la pensava così».

Elisabetta Rizzo

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