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Roma. Capo Circeo. Italia sì, Italia no. Giovanni Sabbatucci: «La coscienza dell'unità non è mai un fenomeno innato. È sempre indotta...»
Davanti le Telecamere di ParvapoliS Giovanni Sabbatucci, docente di Storia Contemporanea
presso la Facoltà di Lettere dell'Università "La Sapienza" di Roma.
Benedetto Croce riteneva che il carattere di un popolo dipende dalla sua storia, da tutta
la sua storia. Quindi l'identità nazionale è in continuo mutamento, in continua
formazione. Dipende da una valutazione storiografica del passato. Oggi chi è l'altro,
chi è l'estraneo?
«Per fortuna l'Italia ha avuto bisogno degli "altri", cioè degli stranieri che ha combattuto
per la propria indipendenza. Oggi siamo in una fase in cui una identità nazionale può e deve
svilupparsi senza bisogno di fare riferimento all'altro, se non per ciò che riguarda l'evidenziazione
delle proprie caratteristiche».
Si nasce con la coscienza dell'unità o è qualcosa di indotto dallo Stato Nazionale?
«Sono sempre e comunque fenomeni culturali. Non c'è nulla di innato, nemmeno là
dove i sentimenti sono più profondi e sentiti. Questo almeno ci dice la storiografia più recente».
Uno dei fattori fondanti della nostra cultura è il cattolicesimo, ma lo Stato sappiamo che
nacque con la scomunica della Chiesa. Oggi che significato ha il Papa in Parlamento?
«È una domanda molto complessa.
L'assenza, anzi: l'ostilità, della Chiesa è stato un ostacolo allo spirito di appartenenza
nel senso pieno del termine.
Oggi il conflitto è stato superato. Siamo uno stato laico ed il rapporto tra cattolici
e laici non è più troppo conflittuale. Cattolici e laici sono distribuiti in entrambi
gli schieramenti politici. Per questo penso che la visita del Papa può solo stimolare
una discussione ma non credo crei problemi alla dignità o alla laicità dello Stato».
Le forze centrifughe possono creare un problema all'unità?
«Non credo. Sì, ci sono. Ma quelle centripete sono più forti».
Elisabetta Rizzo
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