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Roma. Giorgio Albertazzi debutta all'Argentina. «Deve cambiare la scrittura. Bisogna innovare, non rimanere attaccati a vecchi schemi»

Davanti le Telecamere di ParvapoliS Giorgio Albertazzi. Da domani sarà Bruto ne «Giulio Cesare per Albertazzi» di Nicola Fano e Antonio Calenda, nella traduzione di Agostino Lombardo, per la regia dello stesso Calenda. Lo spettacolo andra' in scena al Teatro Argentina fino al 20 dicembre. Sul palcoscenico, insieme a Giorgio Albertazzi, un coro composto da una ventina d'attori-cantanti si muoverà sulle eleganti coreografie di Hal Yamanouki. Le scene sono di Bruno Buonincontri, i costumi e le sculture di Elena Mannini, le musiche di Germano Mazzocchetti, le luci di Gaetano Napoletano. Il Giulio Cesare di Nicola Fano e Antonio Calenda per Giorgio Albertazzi è in realtà una lettura trasversale del grande testo shakespiriano. La chiave di lettura poetica è nell'effimera ripetitività della storia: pur amandolo come un padre, Bruto uccide Cesare per timore della tirannia. Si arriverà dunque allo scontro con i sostenitori di Cesare, Ottaviano e Marc'Antonio: a Filippi saranno loro a trionfare su Bruto e Cassio, i "regicidi", e si darà così avvio all'Impero augusteo. L'impresa e la battaglia di Bruto, dunque, personaggio emblematico dei valori della Repubblica, che ama Cesare ma ama di più Roma, risultano un'impresa fallita. Bruto, tuttavia, resta un emblema-grido di libertà: uccide perché Roma sia libera e non schiava.
Cosa può insegnare Bruto ai giovani d'oggi, una società senza valori? «Anche gli eroi sbagliano. Ma quella era una società di preminenze umane, civili, spirituali molto forti. Anche i "congiurati" erano di grande spessore, uomini non banali. Ci può insegnare a guardare i pericoli del potere. L'abuso del potere diventa dominio».
Si parla tanto della difficoltà dei giovani drammaturghi di affermarsi. Noi sappiamo che lei ha premiato Alberto Bassetti, un giovane talento romano. Visto che lei è il direttore del Teatro Argentina, pensa di dare spazio ad una giovane drammaturgia... «Sono presidente di due premi: il Flaiano e quello di Taormina. Il problema non è di una giovane drammaturgia che non trova spazi ed espressione. Deve cambiare la scrittura. Bisogna innovare, non rimanere attaccati a vecchi schemi».
Architetto, attore, regista e autore, Giorgio Albertazzi ha debuttato come attore con Luchino Visconti, in «Troilo e Cressidra» di Shakespeare, al MaggioFiorentino. Nel 1964 il suo «Amleto», con la regia di Franco Zeffirelli, ha vinto il "Challange" al Théatre de Nation di Parigi e ha tenuto cartellone l'Old Vic di Londra. Ha fondato e diretto la Cmpagnia Proclemer-Albertazzi, portando in scena Sartre, Camus, Faulkner, D'Annunzio, Pirandello, Ionesco, ricevendo numerosi premi. Ha scritto e diretto per la RAI-TV diversi testi teatrali e una biografia di George Sand. Sempre come autore si è affermato con le opere «Pilato sempre», «Uomo e sottosuolo», «Il silenzio delle sirene», «D'Annunziana», «Il Castello illuminato» (da un'opera di Voltaire). È inoltre autore di opere e musiche, tra cui «Peer Gynt» di Ibsen e Shakespeare-Ellington-Albertazzi-Gaslini in concerto. Per il cinema ha scritto e diretto «Gradiva» tratto da un saggio di Freud (premiato al Festival di Locarno) e «Il Potere degli Angeli». Attore protagonista nel film di Alain Resnais «L'anno scorso a Marienbad», ha vinto il Leone d'Oro al Festival di Venezia. Con l'opera «Baglio un cavallo» ha vinto il Premio Cosentino. Interprete, con la regia di Maurizio Scaparro, dell'opera Memorie di «Adriano (Ritratto di una voce)» di Marguerite Yourcenaire, presentato per la prima volta a Villa Adriana a Tivoli, ha tenuto cartellone per oltre otto anni, con continue repliche in Italia e all'estero. Da quattro anni è direttore artistico del Festival di Taormina Arte. Nel 1997 ha portato al Festival di Taormina l'inedito testo di Dario Fo «Diavolo con le zinne» di cui è stato interprete assieme a Franca Rame. Il sodalizio Fo-Rame-Alberatazzi ha anticipato, in questo modo, l'ondata di riconoscimenti a Fo, culminati con l'attribuzione del Premio Nobel.

Claudio Ruggiero

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