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Roma. Un italiano tra Napoleone e i Sioux. Luigi Grassia: «La grossa delusione per la Restaurazione e un lutto amoroso lo spinsero alla ricerca»

Davanti le Telecamere di ParvapoliS Luigi Grassia, giornalista del quotidiano La Stampa nella Sala Ungari di Villa Medici Il Vascello, in un incontro organizzato dal Servizio Biblioteca del Grande Oriente d'Italia di Palazzo Giustiniani, la Massoneria Italiana a cui ha preso parte anche il suo collega Pier Luigi Battista e Claudio Gorlier, critico letterario, Ordinario di Letteratura dei Paesi di Lingua Inglese all’Università di Torino. Nel suo libro «Un italiano tra Napoleone e i Sioux» lei parla di Giacomo Costantino Beltrami, una figura rappresentativa dell'ottocento italiano. Un patriota, un letterato, un esploratore. Per questa ultima sua caratteristica per quale motivo si guardò con sospetto alle sue peregrinazioni e perché lo si è relegato alla periferia della storia? «Non è che Beltrami fosse stato contestato. Il suo risultato, quello di arrivare ad una delle sorgenti del Mississipi, è stato riconosciuto da tutti. Più che altro si è innestata una polemica perché poco dopo di lui una spedizione americana governativa ha scoperto un'altra sorgente che, chissà perché, è stata accreditata come la "vera sorgente". La cosa è estremamente controversa. I geografi anche oggi sono divisi».
Beltrami rimase deluso dall'esperienza napoleonica e dalla restaurazione dell'ancien regime. Uno degli elementi che lo portarono alla "ricerca"? «Era alla ricerca di qualcosa di nuovo, sì. Anche se non sapeva di cosa. Tutto quello che ha fatto lo ha fatto in modo non programmato. Lo ricordiamo come esploratore del Mississipi. Come scopritore di nuove specie botaniche in Messico. Come compilatore del primo dizionario della lingua Sioux. Quando si è chiamato fuori dalla società, non lo ha fatto solo per le persecuzioni, ma anche per la perdita dell'amore della sua vita, venuta a mancare prematuramente. Forse c'era la delusione, ma anche una carica emotiva, dunque». Lei definirebbe Beltrani come un progressista rispettoso delle identità delle popolazioni americane... «Precisiamo che Beltrami non lo possiamo etichettare facilmente. Ha un atteggiamento di simpatia. Senza pregiudizi di natura ideologica, ce li descrive con affetto, anche prendendoli in giro quando non lo capisce, con la paura a volta di essere superficiale. Spesso invece è penetrante». Cosa l'ha spinto a scrivere? «Ho avuto occasione di fare alcuni servizi per Lo Specchio, il supplemento illustrato de La Stampa. Ho conosciuto Beltrami grazie ad una sua biografia degli anni trenta, molto romanzata: aveva il pregio di essere scorrevole ed intrigante ma il difetto di essere poco seria da un punto di vista "scientifico". Ho visto che negli studi storici che c'era un vuoto. Ho provato a cimentarmi. Spero di esserci riuscito. Chi ha letto il libro lo ha trovato bello»
Luigi Grassia si è occupato per La Stampa di estero, economia e scienze. Autore di servizi e reportage da oltre trenta paesi, incluse le terre dei Sioux, ha intervistato fra gli altri Henry Kissinger, il segretario dell’Onu Kofi Annan, Leah Rabin e il premio Nobel per l’economia Amarthya Sen. Ha pubblicato con il Minotauro "Sulle tracce di Mark Twain" e collabora con la rivista "Nova Historica". Sta scrivendo un’altra biografìa di un personaggio di epoca napoleonica.

Elisabetta Rizzo

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