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Latina. 70esimo sotto tono. Ferdinando Parisella: «Che figura, si è
confusa la "fondazione" con l'"inaugurazione". E quanti eventi si sarebbero
potuti fare con i cento milioni per Sartorio». Littoria e la damnatio memoriae
Davanti le Telecamere di ParvapoliS Ferdinando Parisella, già membro del direttivo
di Alleanza Nazionale. Il Comune ha inteso celebrare in questi giorni
i 70 anni della "fondazione" di Littoria. Lei ritiene ci sia una imprecisione
in questa formulazione linguistica? «Non una imprecisione. Un vero e proprio errore.
Non un refuso. C'è ancora, evidentemente, molta ignoranza. Ricordiamo che Littoria
fu fondata il 30 giugno del 1932. Il 18 dicembre fu "solo" inaugurata.
Leggerlo su manifesti 6 – 3 mi ha fatto una certa impressione».
Una disattenzione? «No, voce del verbo ignorare, che è cosa diversa».
Lei lamenta anche un certo imbarazzo, in questi festeggiamenti, nel parlare di Littoria,
del Fascismo... «E di Mussolini. Lo si è chiamato in questi giorni "lui", quello, "colui che".
Nessuno lo ha mai chiamato per nome».
Forse perché è già radicato nella nostra memoria storica?
«Guardate. Sulla tomba di Churchill non mi sembra ci sia la guardia d'onore tutti i giorni.
Sulla tomba di Stalin invece c'è qualcosa di simile ma non vedo più code. Andate a Predappio
e vedete un po' cosa succede. E non è più nemmeno solo un fenomeno generazionale. La cosa che
fa male in questa città è che se altri riscoprono, discutono e dibattono questi temi, la
città del Duce invece rimuove, pure nel giorno del suo "compleanno". La mostra di Sartorio
è un esempio di questa rimozione della nostra storia. Sartorio in quei quadri meravigliosi,
bellissimi, impressiona la palude. Ricordiamo che nel 1987 la mostra fu già presentata.
Si sono spesi tanti soldini, cento milioni, per una pappetta riscaldata, non originale,
oltretutto trasferita da Roma e oltretutto poco adatta alla valorizzazione della nostra
identità storica e culturale. Insomma, i festeggiamenti durano un anno. Siamo partiti
decisamente male. Chiedo a Zaccheo: che vogliamo fare, vogliamo continuare così?».
Di tanto confusionario e costoso "programmare", che oltre lo scivolone di Sartorio ha
visto anche i 26 milioni per Gino Paoli (un concerto a pagamento, una data di un tour
con il biglietto tra i più cari d'Italia, nonostante il finanziamento pubblico), per Parisella sono "solo due le manifestazioni
degne che vanno ricordate. La prima è quella dell'Ugl che ha proposto un interessante
documentario, la "Memoria del Lavoro", con una fotografia in bianco e nero nelle
locandine che è l'unica cosa che si è vista in giro di esaltazione della Bonifica.
La seconda cosa di notevole è stata la serata del Centro Culturale Luigi Razza, che con coraggio
ha trasmesso un altro straordinario documento, "Camicia nera" dove tra l'altro si è visto
anche il filmato del discorso di Benito Mussolini durante l'inaugurazione. Il problema
è tutto qui: nella paura di citare». Chi rimuove, secondo lei, rinnega?
«A volte non si rimuove né si rinnega. Si ignora. Io appartengo a quella fetta di
politici che si è sempre ripromessa: il giorno che avremo le redini in mano finiremo
per lasciare traccia del nostro passaggio. Io ho lottato trent'anni per arrivarci.
Nel momento in cui finalmente si arriva al governo della cosa pubblica, mi dà fastidio
vedere l'annacquamento. Vedi 9 anni del Sindaco Finestra. Io non mi ricordo grandi cose.
Cosa è rimasto del suo passaggio su Littoria?». Lei è favorevole al ripristino del nome?
«Certo. Anche San Pietroburgo è tornata San Pietroburgo. Non dimentichiamo che è stato
cambiato il nome quando era anche comprensibile, in fondo. Non c'è stata una guerra di
liberazione, c'è stata una guerra civile. Ripristinare un nome non vuol dire tornare al passato,
ma tornare al futuro». In questo modo il latinense è spersonalizzato, non avendo
la memoria del suo nome e delle sue radici? «Secondo me sì». Insomma un giudizio
sostanzialmente negativo di questo settantesimo... «Guardate, io mi ricordo un'intervista
dell'anno scorso
del mio amico Maurizio Guercio (oggi assessore all'arredo urbano con delega al settantesimo,
ndR). In quell'occasione parlò di un convegno internazionale sull'urbanistica. Ebbene,
quando è arrivato nel posto giusto io un po' ci ho sperato. Io gli voglio bene, ma non è
ancora stato fatto nulla. Eppure, lo ripeto per l'ennesima volta: l'interesse nel mondo
culturale c'è. Facile citare il più grosso intellettuale di Latina, lo scrittore
Antonio Pennacchi. Ma l'altra mattina sentivo su Radio Rai anche Giampaolo Pansa.
Nel suo ultimo romanzo lui parla della guerra, di Littoria, dei fatti di sangue avvenuti
nella nostra terra. Lui va a ripescare ed indagare le motivazioni dei giovani di allora.
E mi domando: coi soldi risparmiati non facendo la mostra di Sartorio quanti incontri
avremmo potuto fare con grossi personaggi del mondo del giornalismo, della saggistica,
della letteratura, dell'università?».
L'Amministrazione sta sbagliando: ha modo per recuperare? «Se il buongiorno si vede
dal mattino...».
Elisabetta Rizzo
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