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Roma. "A Pelle" all'Argot. Patrizio Cigliano: «Una storia d'amore che come tutte le belle storie d'amore finisce male. E non perché ci si stufa»

Davanti le Telecamere di ParvapoliS Patrizio Cigliano, autore e interprete di "A Pelle" in scena in questi giorni al Teatro Argot di Roma fino al prossimo 19 gennaio. "A Pelle" è una storia senza tempo, senza luogo, senza convenzioni. È la storia d’amore di tutti. Di tutti coloro che la cercano da sempre. Di tutti quelli che non l’hanno ancora trovata. Di coloro che sono felici perché hanno accanto il compagno di una vita, la compagna di sempre. Non è una storia “trasgressiva”. Non è una storia scandalistica. Non ruba dalla cronaca quotidiana. «Non c’è violenza, né fisica né mentale. Non è una storia “estrema”. È una storia d’amore. Una bella storia d’amore che come quasi tutte le storie d’amore, finisce male. Ma non perché ci si è traditi, né perché si è stanchi. Semplicemente perché la vita finisce e prima che accada è bello poter fare un bilancio di una bella storia d’amore e rendersi conto che ne è valsa davvero la pena. La pena di sopportare anche le piccole insofferenze quotidiane che la convivenza inevitabilmente genera, perché in fondo non era affatto una pena. Era la vita. La serena e turbolenta vita di una coppia. "A pelle" è un’allegoria, tutto è simbolico, a partire dai nomi dei protagonisti che riecheggiano la prima vera “coppia” felice - per quello che ci è dato supporre! È la storia di una vita insieme, attraverso una buona metà di secolo. E’ il resoconto di un amore profondo, sincero, goliardico, difficile, meraviglioso. E le numerose - vibranti - scene di combattimento sono la lotta per la vita, per la memoria, per la freschezza di un amore che non è invecchiato con gli anni. La lotta di chi si difende perché vuole restare e di chi aggredisce perché vuole che l’altro resti, perché se il corpo ha una data di fine, il sentimento resta nelle cose, negli odori, nelle canzoni, finché tutto - ma proprio tutto - sarà finito, e finché non resterà neanche una persona a garantirne la memoria. A pelle fa piangere perché è una bella storia d’amore senza tempo, senza luogo e perché tutti noi vorremmo avere una storia – almeno una! – che sia senza tempo e senza luogo».

Claudio Ruggiero

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