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Latina. Pianeta giovani: i punk. Luca Bellipanni: «Una cultura che sta scemando,
anche a causa del consumismo ma che credo non morirà mai»
Davanti le telecamere di ParvapoliS Luca Bellipanni, con il quale oggi parleremo del punk,
che oltre ad essere un tipo di musica, è stato anche un movimento giovanile di grandissima
portata.
«Esatto: il punk, inteso come movimento musicale e ideologico, può essere inquadrato
nell’Inghilterra al culmine della sua industrializzazione all’inizio degli anni 80, sotto
il governo di Margaret Thatcher. Gli scontri tra lavoratori e “datori di lavoro” si
inaspriscono e contemporaneamente i primi gruppi punk come Sex Pistols e Clash traducono
questa rivolta in musica dando vita a veri e propri manifesti di lotta come London
Calling (Clash) e God save the Queen (Sex Pistols). Era musica che nasceva nei sottoscala,
nei clubs londinesi underground, musica “sporca” che rigettava tutto ciò che avevano
rappresentato, ad esempio, i Beatles nel Regno Unito. Via le melodie orecchiabili e
le voci pulite, spazio a chitarre distorte fino all’inverosimile e a urla di rabbia;
via i capelli pettinati e i vestiti eleganti, spazio a coloratissime creste assurde
e vestiti stracciati, spille da balia e “chiodi”. Quello che si sprigionava era odio
totale per il sistema (come testimoniano anche alcune canzoni, come “Anarchy in the U.K.”) e
soprattutto per il conformismo. Distinguersi, in tutto e per tutto, questo era
l’imperativo del punk. È chiaro che questa forza d’urto travolse molti giovani e il
movimento punk dilagò, soprattutto in Nord Europa. Ma era un sogno destinato a
interrompersi a causa del mercato, che come al solito ha cercato di incanalare tutta
quest’energia nel business discografico, tentando di guadagnarci. È stato proprio questo
a far proclamare che il punk era morto».
E tu sei d’accordo con quest’opinione?
«Più che morto, il punk si è evoluto, o meglio ha cambiato forma. Con lo scoccare
degli anni 90 il background storico-politico che aveva sorretto quell’ondata di
protesta si è andato via via affievolendo e purtroppo anche il punk è caduto vittima
di una delle malattie più gravi degli ultimi vent’anni: il consumismo. Creste e giacche
di pelle vengono rimpiazzate da abiti firmati e capelli all’ultima moda, all’anarchia
musicale degli anni 80 subentra la precisione tecnica anche a livello armonico e vocale.
Il centro d’irradiazione del nuovo punk si sposta, dai suburbi inglesi diventa
la California, dove a contatto con spiagge, surf, skate - gruppi come Nofx e
No use for a name, per citare solo i più famosi, sono figli di un padre che, secondo me,
non morirà mai. Punk Never Die!».
Glauco Di Mambro
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