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Roma. Raimondo de Sangro, Massone e uomo di desiderio. Fiammetta Rutoli:
«Una sua arma vincente fu senz'altro l'ironia leggera e disincantata»
Davanti le Telecamere di ParvapoliS Fiammetta Rutoli, docente presso l'Istituto
Universitario Orientale di Napoli, relatrice presso la sede della Massoneria Italiana
(il Grande Oriente d'Italia di Palazzo Giustiniani), a
Villa Medici il Vascello, della presentazione della "Lettera
Apologetica" di Raimondo de Sangro curata da Leen Spruit (alós). Il Principe di Sansevero è un personaggio
moderno? «Sicuramente. Lui di fatto ha proposto una lingua universale che non fosse pura ricerca
intellettuale ma lingua praticabile di appoggio a quelle esistenti. Una tradzione nel linguaggio
grafico dei quipu. Ma un altro aspetto fondamentale del Raimondo de Sangro intellettuale e figlio
del suo tempo è l'ironia. È molto difficile parlare in tono disincantato e leggero di argomenti
"gravi". Lui ha due grandi maestri dai quali attinge a piene mani, e che cita ripetutamente,
ovvero Jonathan Swift e Anthony Ashley Cooper (Shaftesbury) che lo aiutano a vedere la vita
con un atteggiamento diverso». Esiste secondo lei un collegamento tra le idee di Raimondo de
Sangro, e più in generale con le idee della cultura del suo tempo, e quelle platoniche e neoplatoniche?
«Certamente. Platone è un autore fondamentale. Nel riproporre i Quipu de Sangro si rifà proprio a Platone,
secondo il quale la rappresentazione grafica, il disegno, la figura poteva trasmettere
la memoria dell'uomo molto meglio dei caratteri ». Voleva lanciare una sfida alla cultura
ecclesiastica? «Credo a tutta la cultura del suo tempo. Lui è un passo avanti, forse non è
nemmeno suo preciso intendimento lanciare una sfida».
Elisabetta Rizzo
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