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Latina. Le radici dell'intolleranza. È stata la chiesa cattolica ad inventare il
razzismo. Le prime leggi e le persecuzioni contro la Judaica Jens
Il termine antisemitismo nasce solo nel 1879, con l'opera polemica
di Wilhelm Marr. Il termine Antisemita, a rigore, si riferisce a tutto
il mondo arabo. È il termine antigiudaismo, invece, che ci pone
di fronte il problema nel suo aspetto etnico e culturale, religioso e
storico in modo globale.
Per Ecateo, il Regno di Giudea era una "Teocrazia", nel senso di uno stato
retto secondo leggi divine. Per Teofrasto era un "popolo di filosofi, amanti
del sapere". "Per il valore morale delle loro credenze", Augusto esonerò
gli Ebrei da alcuni adempimenti di legge, che contrastavano con le regole giudaiche.
Le campagne militari di Roma in Giudea furono condotte sempre con scopi
politici e strategici perché la piccola Giudea, terra di confine con l'immenso e nemico
impero dei Parthi, andava resa totalmente soggetta e sicura. Pertanto, gli atti della
conquista violenta romana non furono il prodotto di odio teologico o etnico.
L'antigiudaismo teologico ed etnico nasce, sorprendentemente e fuori da ogni logica,
quando la Giudea non è più stato nemico, anzi non esiste più nemmeno come stato e Gerusalemme
è un campo di rovine. Nel I secolo il Cristianesimo - la Nova Religio - si era
sviluppata in due strutture parallele, geograficamente lontane e che
tra loro avevano relazioni scarse e conflittuali.
In oriente, all'interno del mondo ebraico, politicamente perdente,
erano diffusi coloro che noi chiamiamo convenzionalmente Giudeo-Cristiani. Essi vivevano
dentro l'Ebraismo, ne erano una porzione polemica. Parlavano, scrivevano e pregavano in
ebraico e aramaico, studiavano la Qabbalah, frequentavano la Sinagoga,
celebravano la Pesach ebraica, seguivano i riti ebraici.
Non costituivano in nessun modo una nuova chiesa. Non produssero teologie. Pregavano
nello stesso tempio. Tutti i capi della comunità di Gerusalemme portavano soltanto
nomi ebraici. Fino al sesto secolo, in Palestina e Siria le chiese ebbero una
architettura rigorosamente sinagogale, le tombe portavano simboli ebraici ed evangelici
insieme.
Vicino a Roma, sulla via Flaminia, a Mal
Borghetto, sorge un antico monumento che, restaurato di recente, si è rivelato essere
l'Arco Quadrifronte, costruito da Costantino, dopo la vittoria di Ponte Milvio, sul luogo della celebre visione,
L'Arco di Malborghetto è la memoria architettonica, - e celebrativa - di come Costantino
risolse una durissima e rischiosa situazione politica. Oltre che con una serie di
vittoriosi scontri armati, egli s'era territorialmente impossessato dell'Impero, e lo
stava unificando nelle sue mani anche con una serie di delitti, per la più interfamiliari.
Ma vedeva il suo grandioso progetto di conquista del Potere, seriamente ostacolato dall'ombra
che si proiettava sulla sua nascita irregolare. Gli storici dicono che soffrisse
fortemente il disagio per la sua origine. Infatti, preso il potere, promulgò una legge
contro il meretricio, ma escluse specificamente, dalla categoria, le ostesse, mestiere
praticato da sua madre a Drepanum, in Bitinia.
Costantino necessitava quindi disperatamente di una legittimazione, che non poteva ottenere,
né per via dinastica né da parte del Senato, a lui in gran parte nemico. D'altro lato,
la "Nova Religio", - rappresentata in Roma da Silvestro - soffriva l'incancellabile
handicap politico e sociale di quell'antico Processo.
Così, all'inizio del Quarto Secolo, in Roma, la Nova Religio e Costantino, vincitore
militare, ma privo di ogni legittimazione, si trovavano contro un ampio settore d'opinione
pubblica e la potente ostilità del Senato, ancora struttura portante dello Stato
legittimo e in grandissima maggioranza non cristiana.
Nova Religio e Costantino, due forze, che la società del tempo considerava ancora
discutibili, compirono la geniale operazione di legittimarsi a vicenda. Infatti, Costantino
legittimò subito la "Nuova Religio", a cui concedette piena libertà di culto. E la
"Nuova Religio", con un miracoloso segno dall'alto, secondo la leggenda, riconobbe
la legittimità del Nuovo Potere, non dinastico, non di elezione senatoriale, ma di
Diritto Divino.
L'Impero riconosceva l'antico "errore giudiziario" di Pilato senza tuttavia umiliarsi,
perché l'errore era stato compiuto da una Autorità Romana trascinata e sedotta da altri
-quasi in condizione di non intendere e non volere. A questo punto, fu un'ulteriore
necessità politica l'indicare i veri autori del crimine. Nacque allora il mito del
compassionevole e debole Pilato, travolto dalla piazza. Così, subito dopo la vittoria
di Ponte Milvio, fu organizzato a Roma, alla presenza del neo imperatore, una
disputa fra sacerdoti cristiani e rabbini romani, i quali, a quel che dicono le storie,
incautamente accettarono. Logicamente gli ebrei presero le distanze dalle nuove,
inaudite interpretazioni degli eventi e tanto meno l'accuso di deicidio,
Per la prima volta, allora, fu portato in pubblico un argomento sconcertante: quanti
non volevano riconoscere la divinità del Fondatore della Nuova Religio, si legavano
a coloro che l'avevano ucciso, si facevano eredi e complici della medesima colpa.
Anche coloro che non erano ancora nati.
Comincia, cos', l'Antigiudaismo il cui processo di sviluppo può suddividersi in quattro fasi.
La letteratura Antigiudaica - con la sua propaganda culturale - aveva costruito a poco a
poco, per la prima volta nella storia, un soggetto nemico del tutto teorico,
inafferrabile, impalpabile: la "Judaica Jens". Di conseguenza, in quegli anni, si tagliò
e cancellò ogni legame con l'eredità ebraica della Nova Religio, compreso l'ambiente
delle prime predicazioni e si rimodellò il profilo dei personaggi,
Scomparve, in quegli anni, perfino la memoria degli originali ebraici dei vangeli
di Matteo e Marco. Nei secoli seguenti fu come se i vangeli fossero stati direttamente
scritti in greco, e non in aramaico ed ebraico come erano stati predicati.
E solo la critica testuale dei nostri giorni, ci sta faticosamente
dimostrando il contrario.
In questo periodo pesanti interpolazioni interessano testi storici. È d'esempio
la "Storia della guerra Giudaica" (Antichità Giudaiche), scritta da Flavius Josef
(Giuseppe Flavio), l'ebreo passato al servizio dei romani. Il suo racconto della distruzione
di Gerusalemme è distorto a dimostrare che tutto avvenne per volontà e castigo divini.
In questa fase incomincia ad essere attaccata anche l'immagine fisica del nemico, la
"judaica jens". Nel "De diversis generis leprarum" (Dei vari tipi di lebbra), Gregorio
da Elvira dichiara che gli Ebrei
sono "intellettualmente inferiori" e delinea
in loro degradante carattere "razziali", che saranno ripresi, con parole quasi eguali,
dalla letteratura nazista. Siamo intorno al 350. In meno di trent'anni, l'Antigiudaismo
è arrivato, dalla lotta teologica, alla discriminazione razziale.
Il discorso polemico sul "Tradimento e la Malvagità della Judaica Gens" era in pochi
anni diventato un principio teologico. In uno stato "di diritto divino" come era ormai
l'Impero, il Principio Teologico divenne un Concetto Giuridico.
Le norme dei Concili vennero assorbite dalla legislazione imperiale e si diffusero
a dominare la vita civile. Le parole teologiche entrarono nel Codice: la
"Superstitio o setta hebraica" fu contrapposta alla "Venerabilis Religio".
La prima Legge Antigiudaica della storia, è firmata da Costantino, l'11 dicembre dell'anno
321, ed è la pietra angolare dell'Antigiudaismo per tutti i secoli a venire. Costantino
è durissimo nello scriverla, per le forti ragioni politiche che lo guidano. Chiama
il Giudaismo: "secta nefaria, aborninevole, feralis, mortale".
Questa Legge è per lui un atto necessario: necessaria Lex. Infatti, con essa egli
formalizza l'accusa di Deicidio contro gli Ebrei (fatto storicamente infondato, come è
infondata è l'esistenza storica di Gesù di Nazareth) e, con testualmente, assolve l'Impero.
Dall'anno 321 al 399, in crescendo, vengono emanate contro gli Ebrei altre quattro
Leggi da Costantino il Grande, due da Costantino II, una da Valentiniano,
due da Graziano e Teodosio. In totale,
sono dieci. Se si considera quanto sia numericamente piccola l'entità ebraica, rispetto
al peso demografico dell'Impero, si comprende come l'insistere di questa legislazione
risponde solo a un ostinato processo politico, perché la "conversione" del mondo pagano
si realizzi, dovrà scomparire tutta quell'ultima generazione che si era ancora nutrita
della filosofia greca e della "Romanitas" imperiale, gente come il filosofo Macrobius,
come Massimo di Madauro, come il senatore Simmaco.
Negli anni successivi - anni terribili che videro le invasioni dei Vandali, degli Eruli,
gli imperatori Onorio, Arcadio, Valentiniano III, Teodosio II trovano il tempo di
firmare ben tredici nuove leggi antigiudaiche. Il che fa pensare che l'applicazione
fosse troppo difficile.
Sono emanate leggi contro la circoncisione, che portano alla perdita dei diritti civili;
contro l'adesione al culto ebraico,
contro le conversioni di cristiani alI'Ebraismo, che portano alla confisca dei beni e
la pena di morte; contro il Testamento a favore di ebrei, con pene ad arbitrio del giudice.
E poi, Leggi per vietare agli Ebrei Cariche civili, amministrative e militari; leggi che
li escludono dal "cursus honorum" tradizionale; che proibiscono loro di esercitare
l'avvocatura e sedere in giudizio nei tribunali, quindi anche di essere difesi e giudicati
da ebrei; di esercitare medicina e arti magiche; di venire eletti senatori; leggi che
li dichiarano decaduti da ogni riconoscimento o onorificenza o privilegio acquisito per
qualsiasi merito o ragione; leggi che proibiscono onorificenza
o privilegio acquisito per qualsiasi merito o ragione; leggi che proibiscono di
costruire sinagoghe, e permettono di restaurarle solo affinché non cadano; e poi
leggi che vietano di abitare e "sostare" presso luoghi di culto cristiani e che fissano
l'obbligo di sepoltura in "campi" separati e lontani, con funerali "senza clamore".
Appare poi una legge che vieta agli Ebrei di possedere schiavi cristiani e, peggio,
cristiani convertiti all'ebraismo che, ove esistano, dovranno essere ceduti alla chiesa,
con "equo compenso".
Nell'anno 380, Teodosio il Grande promulgò la celebre Legge che incomincia:
"Cunctos populos". In essa si intima che tutti i popoli sottomessi debbono totale e
perpetua obbedienza al Regime Imperiale, poiché il Regime Imperiale è riconosciuto
e benedetto da Dio, tramite il suo rappresentante in terra. E nessun suddito può
ribellarsi né pretendere altre leggi o ordinamenti.
Quale fu l'informazione che, per secoli e secoli, su questo tema terribile, aveva ricevuto
la società quasi completamente analfabeta del tardo impero e del primo medioevo?
Suoi unici canali di conoscenza erano stati l'informazione vebale, cioè il Pulpito, e
l'informazione visiva, cioè l'iconografia religiosa.
Il ruolo del Pulpito fu assoluto e senza contrasto durante sei, sette secoli di
analfabetismo globale. L'informazione visiva era costituita dall'iconografia religiosa:
la TV del tempo. Per secoli, vetrate di cattedrali, grandi cicli di affreschi, miniature,
pittura e scultura gotiche non mostrano, mai, soldati romani nelle varie fasi del
supplizio del Golgotha: sono sempre e soltanto ebrei, e nelle pose più efferate.
Fu poi costruito il simbolo sociale dell'Ebreo come un "Diverso", immediatamente
riconoscibile e pericoloso. Come informazione sociale, lo segnalarono, via via, cinture,
distintivi, cappelli, manti o veli di forma e colore obbligatorio. Ogni passo, per
una qualsiasi strada, di ogni qualsiasi ebreo, uomo, donna o bambino, in ogni
qualsiasi giorno, fu marchiato da questo simbolo degradante, senza difesa contro
insulti o soprusi.
Una tale immagine di "diversità" nemica e pericolosa, quotidianamente ripetuta,
s'incastrò nella coscienza collettiva, e trasformò l'Antigiudaismo in una "realtà di fatto",
che non necessitava discussioni, entrò nel bagaglio ereditario della cultura comune,
si trasmise, "naturaliter", di generazione in generazione.
La prima notizia certa di un tumulto antiebraico, con distruzione di una sinagoga, si
legge nella "Vita Sancti Innocenti", vescovo di Dertona, Tortona. Era l'anno 350. Ispirato
dal suo grande zelo religioso, cacciò a forza dalla città gli ebrei, che vivevano in parte
Portae Ticinensis e diede alle fiamme la sinagoga. Sulle rovine poi costruì una chiesa.
Nessuna autorità punì le violenze. Innocenzo fu santificato.
Pochi anno dopo, Giovanni Crisostomo, oratore grandissimo per potenza persuasiva,
pronunciò e scrisse ben Otto Omelie, in otto domeniche successive, "Kata Yodaios", contro
gli Ebrei. "... la sinagoga è rifugio di banditi, tana di belve, casa di demoni...
se tu conosci qualcuno vicino ai Giudei, bloccalo, denuncialo, riferisci il suo nome...".
La sua predicazione scatenò la folla che incendiò il quartiere ebraico e la
sinagoga di Callinico. Perfino Teodosio, l'imperatore, fu
turbato dai riflessi che tali imprese avevano sull'ordine pubblico e ordinò che
la Sinagoga fosse ricostruita a spese della città. Ma gli pervenne una terribile
lettera di Ambrogio, il vescovo di Milano in cui, invitandolo a ritirare l'ordine,
si dichiarava dispiaciuto perché i suoi fedeli non avevano dato fuoco alla sinagoga di Milano.
E quasi subito fu incendiata la sinagoga di Roma. E poco dopo, fu assaltata la Sinagoga di
Aquileia, con il solito corredo di incendi e caccia all'uomo
per le strade.
La distanza di quindici, diciotto secoli da quei giorni permette di riconoscere quanto
la spregiudicata costruzione dell'Antigiudaismo sia diventata fanatica eredità per
le generazioni successive. Solo le grandi rivoluzioni laiche e liberali, maturate
la rivoluzione americana del 1780 e, pochi anno dopo,
quella francese, riconobbero ai cittadini di etnia e religione ebraiche diritti pari a
quanti, nello stesso paese, erano nati cristiani. E l'ultimo Ghetto del mondo
occidentale fu demolito a Roma nel 1870.
Mauro Cascio
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