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Carpineto. Un sogno bello come il Cinema. Massimo Spano: «Mi colpisce, nei giovani,
la non memoria. Solo una grande visione del futuro»
Davanti le Telecamere di ParvapoliS Massimo Spano, regista. Cosa vuol dire raccontare
in un lungometraggio? «Un cortometraggio è un frammento di memoria. Il cinema è
più aperto, più arioso. Se volete anche più complesso. Proprio perché racconta.
L'impatto sul pubblico è diverso. Il film forse ha meno immediatezza.
Il tempo della riflessione in entrambi i casi rischia di essere nullo.
Quando ci sono i film che fanno pensare gli spettatori fanno un pizzico di fatica
in più, ma spesso ne vale la pena. Io rappresento la memoria che vedo, che vivo.
Mi colpisce, nelle nuove generazioni, la non memoria. Hanno una grande visione
del futuro, ma la tradizione è un valore, è la memoria storica che non si può
e non si deve perdere. Tutti scuola, famiglia, istituzioni devono concorrere
a ricordare chi siamo». I personaggi che tipo di caratteristiche devono avere,
nei suoi film? «Io ho lavorato con Giancarlo Giannini, da Barbara De Rossi.
Mi hanno dato moltissimo. Però dipende tutto da piccole alchimie che non so
esprimere». Quanto conta la passione? «È la prima cosa».
Elisabetta Rizzo
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