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San Felice. Incontri all'imbrunire. Piero Vigorelli: «A Lourdes si parla di 5000 guarigioni "straordinarie" ma i miracoli accertati sono soltanto
65»
Davanti le Telecamere di ParvapoliS Piero Vigorelli, autore del libro "Nuovi miracoli e guarigioni
straordinarie" (Piemme), presentato al Circeo Park Hotel in occasione della rassegna
"Incontri all'imbrunire". Da dove nasce il suo interesse per tutto ciò che è mistero,
fede, religione e forse un po' illusione... «Di illusione ce n'è. Soprattutto per colpa di pochi
ciarlatani a cui troppi ingenui spesso lasciano i soldi, oltre che le penne. Il mio interesse
è di natura strettamente professionale. Giornalistico. Andai a vedere una veggente in Calabria
che faceva una grande festa in occasione della Madonna. Mi avevano detto che ogni anno
vi assistevano decine di migliaia di persone. Siamo andati nel suo paese con le telecamere».
Quando è possibile parlare di miracolo? «Quando l'intercessore non è di questa terra, quando
la scienza medica stabilisce che la guarigione non è spiegabile e quando i teologi stabiliscono
un nesso tra religione e soprannaturale. Una procedura lunghissima. Pensate che si parla di
circa 5000 guarigioni a Lourdes, ma i miracoli accertati sono solo 65».
Scusi la provocazione, ma quando si parla di miracolo e di dogmatismo religioso, soprattutto
là dove una sola tra le religioni si appropri del monopolio dei miracoli, non le pare che ci sia
una fortissima limitazione del libero pensiero? «Assolutamente. È anzi vero il contrario.
È l'esaltazione della libertà dal determinismo». Qual è il confine però tra miracolo e abuso
della credulità popolare, se non plagio... «Un confine non indicato, in effetti. E molti cascano
nella rete dei magliari. Il vero mistico, il vero veggente, il vero stigmatizzato vive in nascondimento,
non ama la pubblicità, né i soldi, ha un buon rapporto con il suo vescovo, con i suoi sacerdoti ed ha
sempre un suo padre spirituale accanto che lo guida. Tutto il resto sono vampiri o delle sanguisughe».
Fuori dalla chiesa cattolica, ci pare di capire, nessun miracolo reale. Sergio Quinzio, in uno
dei suoi libri più belli e conosciuti, «La sconfitta di Dio», scrisse che la fede per un cattolico è solo
sostanza delle cose che si credono e prova delle cose che non si vedono. Lei è d'accordo?
«La fede è mistero. Indagarlo è difficile. È come i miracoli. Chi non crede guarda e
si limita a dire che non ha spiegazioni razionali. Chi crede chiudendo gli occhi vede i miracoli».
Tuttavia c'è sempre stato un diaframma netto tra scienza da una parte e religioni e credenze
dall'altra... «In passato. Oggi mi sembra che le cose siano cambiate».
Il libro di Vigorelli è un viaggio documentato, avvincente e ben scritto. Ci sembra però
che gli sia sfuggito di fare qualche importante precisazione che la scienza, in questo
caso la psicoanalisi, ha sempre fatto. Di miracoli, per esempio, si è anche interessato
Emilio Servadio. Giusto per amor di precisazione va detto che Servadio non è uno psicoanalista
qualsiasi, ma è colui che ha portato Freud in Italia. Cofondatore della Società Psicoanalitica
Italiana, ne è stato anche presidente onorario. Miracolo – c'informa il Dizionario Encliclopedico –
è qualsiasi fatto che suscita meraviglia, sorpresa, stupore, in quanto superi i limiti delle
normali prevedibilità dell'accadere, o vada oltre le possibilità dell'azione umana.
Scrive Servadio: «La definizione è sin troppo ovviamente contestabile. Meraviglia, sorpresa
e stupore possono essere suscitate da un ingegnoso trucco illusionistico tale da non consentire
agli spettatori di prevedere l'esito di certe premesse». Quanto alle possibilità dell'azione umana,
è chiaro che i suoi limiti non potrebbero essere definiti a priori. In altri tempi, volare con mezzi
più pesanti dell'aria sarebbe stato considerato impresa "oltre le possibilità dell'azione umana",
così come oggi ci sembra impossibile che un uomo respiri sott'acqua. Ma ciò che non si può
riconoscere in base a un principio aprioristico non è suscettibile di definizione.
Continua a spiegare Servadio: «Non vi è dubbio che a posteriori un accadimento possa essere
tale da apparirci "arduum aut insolitum supra spem vel facultatem mirantis" (S.Agostino, De utilitate
credenti) o "quod habet causam simpliciter et omnibus occultam" (San Tommaso, Summa Theologica).
L'Aquinate enumera addirittura tre gradi del miracolo: 1) I fatti che la natura non potrebbe mai operare;
2) I fatti che cessano di essere naturali perché avvengono in soggetti inetti ad effetturarli;
3) I fatti che sorpassano la proprietà della natura per il modo in cui avvengono».
Servadio cita Agostino e Tommaso per una questione diffusa, che traspare anche da quanto detto
da Vigorelli a ParvapoliS. Diffusa ma non vera: «In Occidente la chiesa cattolica si considera praticamente
depositaria e la monopolizzatrice del miracolo, l'unica che possa esserne, al tempo stesso, teatro e valutazione,
sfondo legittimo ed entità giudicante». Lo sottolinea anche il Dizionario Enciclopedico là dove aggiunge
a quanto già riportato: "Per la teologia cattolica, il miracolo è fatto sensibile, operato – fuori dell'ordine
dalla natura creata – da Dio, che agisce in maniera trascendente". «Il miracolo, per la chiesa di Roma,
presuppone un Dio personale e creatore e una natura creata, alla quale egli stesso, Dio, ha conferito un
certo ordine. In quell'ordine, tuttavia, egli può di quando in quando intervenire, o lasciare che altri enti
o forze intervengano. Né egli altera con ciò le leggi naturali – scrivono Tommaso e Agostino:
poiché è naturale ad una creatura obbedire al suo creatore, l'adattarsi, come la cera liquefatta,
alle Sue operazioni". Le leggi naturali sono "pieghevoli in mano a colui che le ha fatte".
La premessa è, dunque, dualistica e, beninteso, dogmatica: restando inteso che per la chiesa cattolica il
miracolo proviene da Dio e da Lui soltanto, per scopi a Lui solo interamente noti, e per Sua volontà
o consenso insindacabili. Le difficoltà nascono, per i teologi cattolici, allorché: 1) debbono riconoscere
e dimostrare, negli accadimenti miracolosi, l'intervento di Dio e l'origine soprannaturale della chiesa (come
ha indicato il Concilio Vaticano); 2) debbono porre criteri discriminativi tra il "meraviglioso divino e il meraviglioso
diabolico" – per riprendere la terminologia di don Bernardo Maréchaux, uscito in traduzione italiana nel 1907.
Negli scritti dei teologi più ragguardevoli appare evidente una sofistica, sebbene involontaria, "circolarità"
di ragionamento. "Illa quae a Deo fiunt praeter causas nobis notas miracula dicuntur". Ossia:
si chiamano miracoli quelli derivanti da Dio. Ma secondo il Maréchaux "la religione la quale s'inghirlanda
di fatti miracolosi, si fa conoscere come vera, come derivante da Dio". Ossia i miracoli provengono da Dio e a loro
volta, come tali, dimostrano Dio e la verità della religione cattolica. In altre parole: la dottrina si appoggia sui fatti
e i fatti sulla dottrina». Sull'argomento è intervenuto anche un pontefice, Benedetto XIV, il quale ha indicato
nel modo seguente i segni dai quali si potrebbe discernere un miracolo divino da un "prestigio" diabolico.
1) Efficacia. I miracoli divini hanno una realtà che non permette di confonderli con un prestigio
satanico. 2) Durata. Producono effetti duraturi, mentre un prestigio tosto svanisce. 3) Utilità.
Hanno per fine la beneficenza, la guarigione per esempio di un malato; niente in essi vi è di più teatrale
e d'indecente, come nelle opere del demonio. 4) Modo di produzione. Essi consistono nell'invocazione di
Dio, nella preghiera. Nessuna evocazione, nessuna ridicola smorfia. 5) Oggetto per cui sono adoperati
che è la gloria di Dio ed il trionfo della verità». Commenta Servadio: «Non si può non riconoscere
la straordinaria debolezza delle anzidette indicazioni. 1) la realtà di certi fenomeni accaduti
fuori dal (ristretto) ambito del cristianesimo o del cattolicesimo, e che sfidano le leggi naturali a noi note, è stata
provata con altrettanta evidenza quanto i "miracoli" più riconosciuti e più spesso riportati negli scritti di autori
cattolici. 2) Non pochi di tali fenomeni hanno avuto carattere duraturo. Tali guarigioni, anche se prodotte
da taumaturghi o maghi rispondono anche al segno numero 3: l'utilità. 4) La preghiera, o l'appello a istanze
spirituali superiori, precede spesso ma non sempre gli accadimenti. 5) E infine, quanto alla "gloria di Dio e
al trionfo della verità" si tratta – al solito – di una petizione di principio, ossia della implicita postulazione
secondo cui "non esistono miracoli al difuori della chiesa", come diceva il curato di Bouvard et Pécuchet:
al di fuori del "suo" Dio, della "sua" verità».
Ci sembra insomma che bisogna ridefinire il miracolo e ricollocarlo nei giusti ambiti,
senza il dogmatismo, il populismo e il fanatismo che ha caratterizzato quella che Nietzsche ha
definito come "la più grande disgrazia dell'umanità". Una disgrazia che sopravvive da centinaia
d'anni e che tira a campare in attesa di tirare definitivamente le cuoia.
E questo è davvero un miracolo...
Mauro Cascio, Elisabetta Rizzo
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