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San Felice. Incontri all'imbrunire. Gianni Rivera: «C'era una volta la cupola dei giornalisti e quella delle federazioni. Oggi c'è solo il Dio denaro»

Davanti le Telecamere di ParvapoliS Gianni Rivera, a San Felice per il ciclo "Incontri all'imbrunire" organizzati dal Circeo Park Hotel. Il primo azzurro ad aver vinto il pallone d'oro. Un nome storico del calcio italiano. Cosa distingue un buon giocatore da un fuoriclasse? «Sono doti naturali. Quelle che fanno la differenza. Il buon giocatore si allena, si applica; il talento nasce con caratteristiche superiori alla media». Quanto conta l'intesa all'interno di una squadra? «È fondamentale, come dovunque». Lei ha avuto anche grandi nemici. Esiste o è mai esistita una cupola di giornalisti o federazioni che decide o decideva? «Oggi la cosa è meno evidente rispetto a quando giocavo io. Direi che sotto questo aspetto ci sono altri problemi». Quali? «L'aspetto più deleterio oggi è l'eccessivo mercato, l'eccessiva economia». Quindi il calcio-interesse prevale sul calcio-sport? «Temo proprio di sì». Il valore economico e quello atletico. Lei ama raccontare un aneddoto... «Sì. Entrai in un bar, circondato da fan e da ragazzini urlanti. Disturbammo quattro anziani che stavano giocando a carte. Uno dei ragazzi gli fece notare: "Ma come? Non lo riconosci? Questo è Gianni Rivera. Vale cinquecento milioni. Uno dei quattro mi squadrò e disse: "È proprio vero, i soldi non valgono più niente». Lei ha fatto anche politica. Quanto la politica può incidere nello sport? «La politica incide su tutto. Il parlamento fa le leggi e ci si muove di conseguenza». Andrea Maietti ha scritto un libro su di lei, Nato a Betlemme. Che dire? «Un modo di rappresentare un'epoca, un periodo».

Elisabetta Rizzo

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