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Latina. Brevettabilità software, una nuova battaglia liberale. Benedetto Della Vedova: «Troppo
alto il rischio di un monopolio delle idee»
Il dibattito sulla brevettabilità delle "invenzioni attuate per mezzo di elaboratori
elettronici che nei prossimi giorni impegnerà nuovamente i lavori del Parlamento europeo
con il rapporto McCarthy", pone gravi questioni sul fronte della concorrenza e delle
libertà economiche e individuali. E sul tema interviene Benedetto Della Vedova,
deputato europeo di Radicali Italiani. «Tutti dovremmo concordare su un principio: e cioè
che nei sistemi di mercato e libera concorrenza è necessario che sia esclusa ogni
forma di monopolio sulle “idee”. Altro, infatti, è assicurare il "premio" temporaneo
costituito dal brevetto a chi offre contributi apprezzabili e veramente originali per
la soluzione di un problema tecnico (in questo modo, per un verso, si stimolano la
ricerca e l'innovazione è per altro verso, dell'accrescimento tecnologico e culturale
che ne consegue trae profitto la comunità intera, che può completamente disporre
delle conoscenze brevettate quando scade il diritto di esclusiva). Altro, però, è
consentire la formazione e il rafforzamento di situazioni di monopolio con la concessione
pressoché indiscriminata di brevetti su "invenzioni-simulacro" o, appunto, sulle "idee"
(in questo modo, semmai, si limita pericolosamente il progresso scientifico e tecnologico,
e si compromette gravemente l'effettivo esercizio di quel complesso di libertà individuali
che non sono "alternative" o "subordinate", ma "parti" e "caratteristiche" di un sistema
integrato di concorrenza).
Su questo principio dovrebbero ancora fondarsi le normative degli ordinamenti europei:
escludere che siano brevettabili - cioè monopolizzabili, per quanto temporaneamente le idee
in quanto tali. Questo principio, mentre appare di più agevole comprensione e applicazione
nei settori per così dire "tradizionali" dell'impresa produttiva, risulta invece sfuggente
quando si tratta di "invenzioni attuate per mezzo di elaboratori elettronici", per usare
la dicitura della proposta di direttiva della Commissione in discussione a Strasburgo.
Il rischio che si brevetti non già un modo originale per risolvere un problema tecnico
(modo che eventualmente implichi anche l'uso di un programma che contribuisca alla
realizzazione di un nuovo e originale trovato). Ma "un'idea" (che dovrebbe essere
realizzabile legittimamente in mille modi diversi, da diversi programmatori e con diversi linguaggi di programmazione), è un rischio evidente a tutti, anche se non tutti - anzi - guardano a questa prospettiva con preoccupazione. Senza infingimenti, è necessario riconoscere che esistono molti (e molto forti) interessi a che si giunga a quel tipo di assetto "iperprotezionista", con elusione del divieto attualmente esistente di brevettabilità del programma per elaboratore "in quanto tale". Tale assetto tuttavia non favorirebbe il progresso ma il monopolio (ingiustificato), non assisterebbe la concorrenza ma la pregiudicherebbe, non allargherebbe ma limiterebbe ingiustamente la scelta degli utenti. Soprattutto, un tale assetto non premierebbe la diffusione delle tecnologie - in particolare il "software libero" - né l'accrescimeuto di qualità dei prodotti (accrescimento di qualità dovuto anche, e forse principalmente. all'attività di sviluppatori indipendenti, vale a dire i soggetti che un regime iperprotezionista escluderebbe dal mercato).
Esiste peraltro, in favore della deriva ipetprotezionista, una giustificazione ambigua, vale a dire che la cosiddetta "brevettabilità del software" è largamente ammessa in alcuni sistemi avanzati, per esempio negli Stati Uniti, con vantaggio esclusivo delle grandi imprese di quei Paesi. Con una dose non piccola di demagogia, si pretenderebbe dunque la realizzazione, in Europa, di una sorta di allineamento protezionista “in favore delle aziende europee”. E una giustificazione ambigua, in primo luogo perché non abbiamo riprova (anzi) del fatto che la supremazia tecnologica statunitense sia ottenuta "tramite", anziché "nonostante", la proliferazione brevettuale (il mercato della crittografia. ad esempio, è rimasto per anni bloccato da un brevetto, così come la diffusione di banali pratiche commerciali impropriamente equiparate a invenzioni). E poi perché un allargamento delle possibilità brevettuali in Europa non garantirebbe agli europei di ottenere più brevetti (semmai questo dovesse rappresentare un fine da perseguire): garantirebbe piuttosto alle grandi imprese di ottenere brevetti anche in Europa, ciò che non risolverebbe, ma aggraverebbe. la situazione di cui ci si lamenta.
Intendiamoci. E bene che il sistema europeo sia liberi) dai due pregiudizi micidiali che riguardano il campo della proprietà industriale e i brevetti: il pregiudizio secondo cui la moltiplicazione dei brevetti di per sé rappresenterebbe un segno di vitalità tecnologica (è vero il contrario), e quello opposto secondo cui la brevettazione di per sé costituirebbe un impedimento allo sviluppo di qualsiasi libertà (è falso, nella misura in cui il brevetto rappresenti, rispetto al sistema di concorrenza. l'eccezione, c non la regola). Si tratta nei due casi di un'impostazione sbagliata e infeconda. come confido possa emergere dal dibattito che auspicabilmente - i mezzi di informazione contribuiranno ad alimentare nei prossimi giorni. In argomento, e proprio in vista della decisione di Strasburgo, il collega radicale Marco Cappato organizza alla sede del Parlamento europeo di Roma, per venerdì 12 alle 9.30. un incontro pubblico con operatori di settore, associazioni ed esponenti politici.
Una battaglia di retroguardia per l'esclusione di qualsiasi tutela delle invenzioni attuate anche per mezzo di elaboratori apparirebbe vana, anche perché, purtroppo, il formale divieto di rilasciare brevetti sui programmi "in quanto tali" non ha finora impedito agli uffici brevetti (quello europeo e quelli nazionali, entrambi spinti sia da ragioni di interesse che da superficialità) di concedere ugualmente privative su quelle (pretese) invenzioni. Ma un forte e urgente impegno affinché sia rigorosamente limitata la brevettabilità in questo settore è assolutamente necessario».
Rita Bittarelli
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