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Latina. La Musa dei Terroristi. Nel carcere di via Aspromonte Maria Cappello, autrice dei documenti cui si è ispirata Desdemona Lioce

Si chiama Maria Cappello. È una irridubile. Una "compagna", come si dice a sinistra. Con un pizzico di proibita e inconfessabile deferenza perché mica è un nome qualunque. Militante delle Brigate rosse per il Partito comunista combattente, condannata all'ergastolo per gli omicidi del sindaco di Firenze Lando Conti (1986), repubblicano, mazziniano e massone e del senatore Ruffilli (1988). La sua cella di Trani, prima del suo trasferimento a Latina, viene rovesciata come un guanto. Gli uomini dell'Antiterrorismo cercano qualcosa che somigli a quel che già nell'aprile dell'anno precedente hanno trovato (fogli di carta velina che contengono le bozze della rivendicazione dell'omicidio D'Antona). Cercano insomma un qualsivoglia pezzo di carta che dimostri la "continuità" tra gli irriducibili del fronte delle carceri e chi, all'esterno, non si è mai liberato del fantasma della lotta armata. Qualcuno - ipotizzano - ha continuato e continua a fare da postino. Se è accaduto per D'Antona, accadrà anche per Biagi. «La classe operaia nei paesi imperialisti è completamente integrata, non c'è più contraddizione. Di conseguenza l'unica possibilità è l'azione esemplare, come momento destabilizzante, perché intanto la cosa viene dai paesi del sud del mondo». Sembra solo una disadattata, come molti "compagni" della sinistra eversiva. Ma è lei che scrive i documenti a cui hanno attinto Desdemona Lioce e gli altri "combattenti" per i loro proclami. Quasi una Musa. Che più nascondi e più ispira penne e documenti.

Mauro Cascio


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