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Latina. Esperanto, l'incontro delle genti. Ranieri Clerici: «Una lingua internazionale pianificata, davvero universale, accanto a quelle
etniche»
Davanti le Telecamere di ParvapoliS Ranieri Clerici.
Nel clima transnazionale in cui stiamo vivendo – in cui finalmente di parla di rispetto,
di tolleranza, di incontro tra le genti e le culture, di "globalizzazione" nel senso
più aperto e genuino del termine, di contro ad una cultura, qui e là ancora dominante,
che predilige il settarismo politico o religioso, l'intolleranza, il dogmatismo,
l'ignoranza – acquista grande senso e grande portata parlare di "esperanto".
Ma che cos'è l'esperanto?
«Una lingua internazionale che sta godendo di una rinnovata attenzione da parte degli
operatori politici in un mondo post-guerra fredda segnato sempre più da un'attenzione
nazionale e internazionale ai diritti delle minoranze linguistiche e delle diversità
culturali. Nel Luglio 1996 il "Nitobe Symposium of International Organizations" ha
riunito un gruppo di esperti indipendenti a Praga, Repubblica Ceca, i quali hanno
esaminato lo stato attuale dell'esperanto esortando ad includerlo nei dibattiti
odierni sui diritti e sulle politiche linguistici. In separata sede, oltre 7000
esperantofoni firmavano il Manifesto di Praga, un moderno documento programmatico
in cui si sostiene, tra l'altro, la democrazia linguistica e la salvaguardia del
pluralismo linguistico.
La base per l'esperanto fu pubblicata nel 1887 da Lejzer (Ludovic) Zamenhof, un
oculista ebreo di Varsavia. L'idea di una lingua internazionale pianificata, intesa
non come rimpiazzo delle lingue etniche bensì come lingua extra, seconda per tutti,
non era una novità. Comunque, Zamenhof comprese il fatto cruciale che una lingua
per svilupparsi deve essere usata da una collettività. In accordo a ciò l'abbozzo
della sua proposta consisteva in una grammatica minima e un vocabolario di 900 parole,
alcuni esempi di testi in poesia e in prosa, e un persuasivo saggio introduttivo.
Su questa duttile base l'esperanto spiccherà il volo diventando una lingua
pienamente sviluppata con la sua comunità di parlanti sparsa su tutto il globo».
Elisabetta Rizzo
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