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Firenze. Il Mestiere del Giornalista. Antonio Bettanini: «Comunicare vuol dire relazionarsi. E
spesso ci riduciamo a fare inutile solipsismo»
Davanti le Telecamere di ParvapoliS Antonio Bettanini, già capo Ufficio Stampa della presidenza
del Consiglio dei Ministri, del Ministero degli Esteri e di molti altri enti della Pubblica
Amministrazione. Lei è il vincitore del premio "Addetto stampa dell'anno". Nel suo ringraziamento
lei ha fatto riferimento ad una nuova figura professionale, nell'ambito della comunicazione,
quella del coordinatore della comunicazione istituzionale all'interno di un Ente...
«Non parliamo di nuova occupazione, perché non vorrei alimentare false speranze. Quello che
è certo è che, soprattutto nelle amministrazioni complesse, il tema della comunicazione
va affrontato in termini di coordinamento. Spesso pensiamo la comunicazione essenzialmente
come ufficio stampa e come messaggio rivolto esclusivamente ai media. In realtà c'è una
grande sfera che può coinvolgere anche i cittadini, e con nuovi strumenti, incluso Internet».
Il flusso di dati rivolto al cittadino è davvero così efficace o si rischia di comunicare
tanto e male? «La comunicazione presuppone una relazione. Da questo punto di vista in effetti
non si fa grande comunicazione. Si tratta di vedere la qualità dell'informazione ed una
analisi attenta del pubblico, del destinatario del mio messaggio. Quando le amministrazioni
pubbliche vogliono informare dovrebbero sviluppare anche uno studio sul pubblico.
Altrimenti l'obiettivo è strategicamente poco definito». Si parla tanto di applicazione
della legge 150. Lei cosa ne pensa? «Purtroppo la legislazione italiana di riferimento
spesso innova e produce ma non prevede strumenti "punitivi" per chi non la applica.
Questa impossibilità di intervenire lascia tutto alla buona volontà o alla sensibilità
dei singoli enti locali. Io posso dire che siamo sì in marcia, ma forse più lentamente
del previsto».
Andrea Apruzzese
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