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Latina. Un patto per la Provincia. Giorgio De Marchis: «Nei rapporti coi media locali dobbiamo andare a scuola di comunicazione dal Sindaco»

Davanti le Telecamere di ParvapoliS Giorgio De Marchis, consigliere comunale dei Democratici di Sinistra. «La comunicazione è vita, perché è un bisogno di tutti gli organismi viventi. Un bisogno che diventa ancora maggiore da parte degli organismi sociali. Inviare e ricevere messagi è alla base della vita sociale, tanto più oggi che ci troviamo nell'era della comunicazione. Enormi sono stati i cambiamenti che hanno attraversato la nostra società negli ultimi anni. Se nel passato la comunicazione politica era appannaggio degli apparati di partito, che grazie alle loro ramificate "cinghie" di trasmissione: sindacati, associazioni di categoria e gruppi sociali riuscivano a irradiare con i propri messaggi milioni di persone legate dal comune denominatore della coscienza di classe. Lo stesso concetto di appartenenza ad un gruppo sociale vacilla. Oggi all'individuo, che pur si colloca sociologicamente in una determinata classe sociale, sfugge o manca del tutto il concetto di appartenenza. Si è assistito così ad un rimescolamento sociale indefinito, che da un lato ha portato all'accentuazione dell'individualismo di massa, rompendo i legami che potevano veicolare i messaggi politico/sociali, dall'altro ha creato una indefinita categoria sociale unita dal comune denominatore del bisogno di consumare. Proprio il consumo è il filo comune che lega la società della comunicazione. I messaggi delle agenzie di comunicazione sono mirati ad un pubblico di consumatori. Un pubblico che consuma prodotti, servizi, cultura. E che consuma anche politica. I media forniscono al cittadino/consumatore un "prodotto politico" pronto al consumo. Ecco spiegate così le piazze televisive e i tribuni creati nei salotti di Vespa e Costanzo, legittimati poi dalle apparizioni sui Tg o sulla carta stampata. Non è questa la sede per esprimere un giudizio etico su questo tipo di comunicazione politica. È però il luogo per prendere atto del funzionamento del meccanismo. I messaggi politici oggi transitatono prima per i media e poi discendono a cascata su tutto il corpo sociale. Applicando questo concetto alla nostra realtà territoriale, dovremmo dire che i messaggi della politica provinciale passano e vengono prima vagliati dai media e poi raggiungono i cittadini elettori. Il sistema dei media locale ha raggiunto ormai un'organizzazione e una capillarità tale che con il suo prodotto/politica offerto al cittadino/consumatore può determinare e influenzare gli umori dell'opinione pubblica della nostra provincia. Sta a noi allora cercare di entrare in questo sistema e utilizzarlo per veicolare i nostri messaggi nella maniera più capillare ed efficace possibile. Per farlo però occorrono due cose. La prima, riguarda un investimento di energie e risorse. Dobbiamo poterci garantire una presenza costante e visibile nel sistema dei media locali. Non basta intervenire una volta al mese su argomenti che pur stanno a cuore ai cittadini. Dobbiamo sforzarci di essere metodici e puntuali. La comunicazione esterna, rivolta ai media, deve essere da qui alle prossime elezioni provinciali il fulcro della nostra attività politica. È l'unico modo per recuperare terreno su una destra che in questo campo parte notevolmente avvantaggiata. A Latina Zaccheo ha creato una struttura e un ufficio stampa che organizza a volte anche due incontri al giorno con i media. Non solo, ha poi convenzionato un consulente per propagandare la sua immagine di Sindaco, dando il via ad una ulteriore campagna di comunicazione, "Scrivi @l Sindaco". Si capisce che non possiamo rimanere inermi davanti al fuoco di fila che sta scatenandno la destra sui media locali. I loro, saranno anche messaggi a sensazione che potrebbero risentire nel lungo periodo dell'effetto annuncio. Noi però corriamo il rischio di non farci trovare pronti a questo appuntamento. Bisogna andare a scuola di comunicazione dalla destra. Troppo spesso in passato abbiamo impiegato il nostro tempo in inutili dispute, troppo spesso abbiamo dedicato risorse ad una liturgia interna che oggi non ha più ragion d'essere. È tempo ormai di aprirsi al pubblico e comunicare con la gente, è tempo di capire che se i pontini non ci votano in maggioranza perché non capiscono i nostri messaggi oppure perché non ci conoscono proprio».

Elisabetta Rizzo

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