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Latina. Una Festa della Madonna. C'è ancora chi parla di "immacolata concezione". Ma per il Talmud Gesù era figlio di un centurione romano...

Maria. Non c'è figura più controversa, più ostinatamente attaccata dagli studiosi laici, più vituperata dalle forme di anticlericalismo più folkloristiche e più tenacemente difesa dai cattolici. Se la storicità di Gesù di Nazareth è stata più volte messa in discussione dagli studiosi, e puntualmente riaffermata dagli ortodossi, la "verginità" di Maria non ha mai trovato difensori appassionati proprio per la debolezza concettuale del dogma stesso. Ma l'8 dicembre del 1854, in un clima nazionale sempre più laico e liberale e sempre meno cristiano e contadino, Pio IX la buttò sull'irrazionalità estrema, con la Bolla "Ineffabilis Deus" e la avventurosa dottrina della immaculata conceptio della "santissima vergine Maria". Prima della proclamazione del dogma, il capo dei cattolici si era premunito di interrogare i vescovi: 536 si pronunciarono a favore, 4 contro e 36 espressero dubbi sull'opportunità di una siffatta dogmatizzazione. Fu insomma una battaglia che lo "Spirito Santo" combattè con se stesso. Ma l'ultimo dogma mariano mancava ancora all'appello: ci pensa Pio XII che nel 1950, con la Bolla "Municentissimus Deus", definisce la dottrina della sua assunzione in cielo corpo e anima. Autore della Bolla in questione fu il gesuita Giuseppe Filograssi. Non che la chiesa cattolica abbia mai goduto, come non gode tuttora, di grossa credibilità negli ambienti storici o filosofici, ma la verginità della Madonna e la sua assunzione in cielo hanno delle caratteristiche straordinarie rispetto al resto del "corpus" teologico e dottrinario. Posano infatti esclusivamente sul consensum ecclesiae. Le "verità di fede" sono state cioè imposte dopo essere state fabbricate dalla chiesa stessa, senza avere nulla a che fare con le credenze della cristianità primitiva, ma nemmeno con quelle di tutti i cosiddetti "Padri della Chiesa".
Forse non tutti sanno che il Talmud – un testo non sacro, ma importantissimo per la tradizione spirituale di un'altra importante religione monoteistica occidentale: l'ebraismo – sostiene addirittura che Maria ebbe una relazione extraconiugale con un centurione romano. Da quella relazione nacque Gesù. Fino al terzo secolo, tornando alle fonti cristiane, nulla si sapeva riguardo una perenne verginità di Maria. Non solo il Nuovo Testamento menziona sette fratelli di Gesù, non solo definisce Giuseppe, senza riserve, suo padre, e Gesù il "primo figlio" di Maria, ma in Matteo si dice che Giuseppe "Non conobbe Maria, finché non ebbe partorito un figlio". Poiché "conoscere" significa, come è noto, l'esercizio della intimità coniugale, secondo Matteo Giuseppe la esercitò con Maria dopo la nascita di Gesù: infatti, se Giuseppe non usò nessun rapporto con lei "fino a che non ebbe partorito un figlio", ogni essere raziocinante ne conclude che dopo essi ebbero rapporti coniugali, fatta eccezione di coloro cui il dogma preclude ogni deduzione logica. Lo stesso Dottore della Chiesa Ireneo, padre della dogmatica cattolica, sul fondamento della scrittura e della tradizione, fu del parere che Maria fu vergine fino alla nascita di Gesù, ma che dopo fu la moglie di Giuseppe a tutti gli effetti. Della medesima opinione fu anche Tertulliano, che sostenne il punto di vista rappresentato da Mt. 1, 25, secondo il quale dopo la nascita di Gesù, Giuseppe usò pieni rapporti coniugali con Maria, dai quali sarebbero nati i suoi fratelli. Tali testimonianze dei Padri della Chiesa o vengono nascoste dai teologi cattolici o vengono completamente distorte. Prima del III secolo nessun Padre della Chiesa sa di una perenne verginità di Maria, anzi tutto lascia intendere ch'essi fossero convinti del matrimonio effettivo di Maria e di Giuseppe dopo la nascita di Gesù; nella Chiesa occidentale fino alla metà del IV secolo non esiste alcuna testimonianza sicura sulla fede in una perenne verginità di Maria; al contrario, due Padri della Chiesa tanto importanti come Ireneo e Tertulliano attestano con certezza il contrario, e da altri si evince inequivocabilmente la medesima opinione. Nel IV secolo il vescovo Bonsio di Sardica dichiarò apertamente che Maria partorì altri figli oltre Gesù. La reazione della Chiesa del tempo è curiosa. Un Sinodo tenuto a Capua nel 391, chiamato a discutere la tesi di questo vescovo, non pervenne a nessun risultato concreto. La faccenda fu affidata a un altro sinodo, egualmente senza esiti; a questo punto ci si rivolse al vescovo romano Siricio, per molti aspetti il primo papa (così come mancano prove storiche dell'esistenza di Gesù, non si ha notizia dei primi otto papi che la chiesa di Roma si autoaccredita), poiché emanava decreti quasi come l'imperatore; ma sebbene fosse personalmente convinto della perenne verginità di Maria, non volle assumersi la responsabilità di una decisione, lasciando il giudizio finale ai colleghi. Fu solo nel tardo secolo IV che la concezione diversa proveniente dall'oriente fu condotta alla vittoria da Gerolamo e Ambrogio: il nuovo dogma venne proclamato in Oriente dal Concilio di Efeso del 431, mentre in Occidente bisognerà attendere il Concilio Laterano del 649. Basilio, onorato dal titolo poco frequente di Dottore della Chiesa, fondò il dogma "della nascita da una vergine senza la minima offesa alla sua verginità", rinviando agli avvoltoi che generano la prole "perlopiù senza accoppiarsi" addirittura fino all'età di cento anni. Analoghe argomentazioni venivano condotte da altri eminenti "Padri della chiesa". Parecchi scrittori cristiani sapevano fino al Medioevo inoltrato che la concezione di Maria avvenne attraverso l'orecchio; anzi, secondo uno scritto composto nell'831 dal "santo" abate Radberto anche la nascità di Gesù ebbe luogo "col corpo chiuso" (utero clauso) della vergine. Più tardi i fratelli di Gesù, nati da Maria e Giuseppe, verranno definiti "bestie, che si rivoltano nel letame", uomini "che pensano solo alla carne, ai quali il sudiciume della carne ha reso impossibile alzare gli occhi e vedere il cielo". In realtà la Chiesa cattolica non ha fatto altro che trasferire alla leggendaria mamma del leggendario Gesù un'antichissima concezione pagana.
Se oggi andate a dire a un cattolico che voi credete in Harry Potter e credete in un unico Ordine della Fenice, uno, cattolico ed apostolico è facile che si offenda. Eppure è noto a tutti che il corpus letterario a cui nel terzo secolo si è rifatta la chiesa cattolica è non solo letterario, ma anche ampiamente rimanipolato dalla letteratura e dalla tradizione mitica precendente. La generazione divina da una vergine era ben nota in Egitto, a Babilonia, in India, in Persia, in Grecia e a Roma, e proprio per la sua mostruosità biologica il miracolo ha sempre goduto di grande fortuna. Già nel III millennio Amon-Re, il dio egizio del sole, s'accoppiava con la regina, assumendo le sembianze del re suo consorte. Ella si era già unita con lui, tuttavia non aveva avuto ancora luogo alcun coito; è una situazione analoga a quella di Maria: moglie di Giuseppe, eppure sposa di Dio. Nell'atto il dio si fa riconoscere dall'eletta e separandosene promette la nascita di un bimbo, che renderà il mondo felice e inaugurerà un regno di grazia. Ma dopo la nascita dice al bambino: "Tu sei il mio figlio carnale, che io ho generato". Intorno al 2850, a Babilonia, il re Sargon di Akkad, con l'intenzione di farsi passare come figlio di una divinità, sostenne: "Mia madre era vergine, mio padre sconosciuto", benché tutti fossero bene informati della sua origine. In India Buddha fu ritenuto figlio della regina e "vergine" Maya; e nell'antica Persia anche Zarathustra fu venerato quale figlio di una vergine. Era anche assai diffusa la leggenda della miracolosa nascita di Platone, al quale in seguito il discepolo Aristotele eresse un altare nei giardini dell' Accademia: sembra che il padre di Platone, Aristone, non abbia avuto rapporti sessuali con la vergine moglie Periktione per ordine divino, finché non ebbe partorito un figlio, generato però dal dio (Apollo)!. Questa leggenda viene già raccontata da Speusippo, nipote del filosofo, nel suo "Elogio funebre di Platone", ed è una prova di quanto fosse facile far nascere e diffondere simili storie. Un portentoso concubinato del tutto analogo venne raccontato anche a proposito di Alessandro Magno, alla cui madre fu attribuito l'appellativo di "madre di Dio". Prima della nascita di Apollonio di Tiana, alla madre apparve la divinità, che le disse che sarebbe rinato da lei. La dea Era mise al mondo da vergine il dio Efesto, e nel culto di Ercole la madre veniva considerata contemporaneamente vergine e madre. Le nascite da donne vergini erano tanto diffuse e conosciute nel mondo antico, che la Patristica più eminente propagandava la nascita virginale di Gesù proprio rinviando ai miti pagani analoghi. Siffatte concezioni erano poi diffuse anche nel giudaismo ellenistico: il filosofo ebreo Filone (20 a.C.-50 d.C.), che esercitò una potente influenza sul Cristianesimo nascente, narra di quattro donne della storia biblica, Sara, Rebecca, Lea e Zippora, il cui seno sarebbe stato fecondato e aperto miracolosamente da Dio; a Sara l'evento sarebbe accaduto addirittura all'età di novant'anni. Di Zippora, e qui si impone il parallelo con la storia di Giuseppe in Mt. 1, 18, Filone sottolinea che Mosè "la trovò incinta, ma non ad opera di uomo mortale". Questa concezione ebraico-ellenistica - nota il Teologo Dibelius - "è stata adattata dai cristiani alla generazione di Gesù. Il che è abbastanza ovvio". Tuttavia, il modello storico-religioso della madre cristiana di Dio fu Iside.
Iside fu la più celebre dea d'Egitto. Già verso la metà del II millennio a.C. la sua religione aveva assorbito tutti gli altri culti femminili e dal IV secolo a.C. al IV secolo d.C. esercitò una notevole influenza sul mondo greco. In Asia Minore, in Atene, in Sicilia, a Pompei, a Roma esistettero sacrari a lei dedicati, e ai tempi di Augusto il suo culto era diffuso fra i ceti più elevati della città, ma la sua massima espansione avvenne in Occidente solo nel II secolo: l'ultima processione di Iside ebbe luogo a Roma nel 394 e il tempio di Iside a File venne chiuso solo nel 560. Come poi nel cattolicesimo, anche nella religione di Iside esisteva una rivelazione, delle sacre scritture, una solida tradizione, un'organizzazione ecclesiale comprendente tutti i templi, una gerarchia interna fra laici, iniziati e sacerdoti. Si recitavano litanie per ore intere, si tenevano processioni, digiuni, periodi di devozione particolare, esercizi spirituali e non esistevano differenze sociali, nazionali o di razza. Iside, da cui promanava la medesima serenità come poi da Maria, è piena di grazia materna e di misericordia, promette aiuto e dispensa consolazione, e le preghiere a lei dedicate, assai simili a quelle per Maria, testimoniano d'una fede ardente. Invocavano in ogni caso di bisogno la madre di dio soprattutto donne e fanciulle, ed essa procurava salvezza anche in occasioni le più disperate, guarendo ciechi e paralitici e restituendo la salute a chi era già stato abbandonato dai medici. La grande riconoscenza dei fedeli è attestata da epigrafi, tavole, ex voto, amuleti e doni votivi di ogni genere. Assai prima di Maria, la madonna pagana veniva venerata quale "signora amorevole", "madre misericordiosa", "dea assisa in trono", "regina dei cieli", "regina dei mari", "dispensatrice di grazie", "immacolata", "sancta regina". Iside - si pensi all'inno cattolico "Maria, regina di maggio" - era "la madre dell'erba verdeggiante e della fioritura" già in epoca egizia. Come si celebrava Iside quale "signora della guerra", così ben presto venne festeggiata Maria, quale protettrice delle guerre, o, per meglio dire, dei macelli guerreschi. La madre di Gesù divenne la "madre del dolore" come già Iside era stata mater dolorosa. E inoltre l'idea della mater dolorosa del Redentore, la quale piange il figlio defunto, era da tempo immemorabile corrente nella mitologia pagana. Come Maria, anche Iside partorì Vergine e in viaggio; altri figli di vergini vennero spesso al mondo durante una fuga o un viaggio, come pure il consorte della vergine-madre fu spesso un falegname o, più genericamente, un artigiano. Anche Iside tiene in braccio il figlio divino -in questo caso Arpocrate (la forma grecizzata dell'egiziano Har-pe-chrot), detto anche Horus - o gli porge il seno. Queste statuine col lattante erano assai diffuse e nell'Egitto del tempo erano oggetto di produzione quasi industriale (notiamo di passaggio che dall'Egitto la chiesa trasse, ad esempio, anche la venerazione di reliquie, la tonsura, l'uso dell'acqua santa, dell'aspersorio e così via). Harpocrate fu chiamato quasi sempre figlio di Iside, non di Osiride, come Gesù viene perlopiù definito figlio di Maria, non di Giuseppe. Già nell'antico Egitto, Iside portava il titolo di "Madre di Dio", com'è spesso attestato in lingua egizia, appellativo gradualmente trasferito a Maria dal III secolo in poi, significativamente dapprima proprio in Egitto, da Origene; nel IV secolo poi tale definizione cominciò a diventare usuale anche altrove. E nel secolo V, dopo una interminabile polemica dottrinale e dogmatica, il titolo di Iside di "Madre di Dio" passò definitivamente alla madre di Gesù nel Concilio di Efeso del 431. Alla definizione del dogma della maternità divina di Maria proprio in Efeso dovette aver contribuito anche il fatto che la città era un centro assai popolare del culto di Iside e sede centrale della dea-madre pagana Artemide, la quale, degnata da Giove dell'eterna verginità, veniva chiamata "colei che ascolta le preghiere" e "salvatrice", e il mese di maggio, come poi nel culto mariano, avevano luogo particolari festeggiamenti in suo onore. Anche le immagini dell' Artemide Efesina cadute dal cielo passeranno alla Chiesa nella fede nelle immagini di Maria anch'esse cadute dall'alto. Così la dea di Efeso tanto adorata finì col fondersi con Maria: la massa dei cristiani voleva avere una madre di Dio anche nella nuova religione, come aveva del pari necessità d'un "dio" da poter gustare sacramentalmente secondo le usanze pagane. La polemica intorno al dogma definito in Efeso fu anche decisa da un'incredibile opera di corruzione con danaro, infilato dal patriarca di Alessandria nelle tasche di tutte le persone interessate, a cominciare dagli alti funzionari statali fino alla moglie del prefetto dei pretoriani e agli influenti eunuchi e camerieri particolari; in questo lavoro esaurì le proprie risorse, benché assai ricco, tanto che fu costretto a un prestito di 100.000 pezzi d'oro, che tuttavia non fu sufficiente. Anche l'atto del concepimento di Maria fu posto dalla Chiesa, in base a un calcolo evinto da una leggenda presente in Luca, nella medesima stagione in cui ebbe luogo il concepimento di Iside, le date della cui gravidanza erano state registrate nei fasti egizii con straordinaria esattezza. Il suo manto blu cosparso di stelle passò poi nelle raffigurazioni artistiche della "Madonna", insieme alla mezzaluna e alla stella, attributi propri di Iside. In tutta quanta l'arte protocristiana non v'ha tema che non possegga un preciso riferimento pagano. Poiché un tempo esistevano anche immagini nere di Iside - in Etiopia Iside era naturalmente diventata una negra - anche il colorito di Maria fu talvolta iscurito fino a divenir nero, e queste madonne nere guadagnarono poi fama di particolare sacralità a Napoli, a Chestokowa e soprattutto in Russia. Per altro un vescovo negro cattolico a New York, nel 1924, sostenne davanti a seimila afro-americani che Gesù e sua madre avevano la pelle nera.
Questo è lo spirito con cui un laico vive la "festa" odierna. Se esiste uno spirito diverso dal nostro, saremo ben lieti di conoscerlo. Anche solo per un cappuccino al bar.

Mauro Cascio


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