Venerdì 02/05/2025 
Parvapolis
categorie
Home page
Appuntamenti
Cronaca
Cultura
Economia
Politica
Sport


Parvapolis >> Cultura

Latina. Giuseppe Mannino, giocatore di sogni

Trentotto poesie scritte da un giocatore di sogni fra Scilla e Cariddi. Trentotto poesie spesso sul filo di una giocosa ironia che si apre in versi scanzonati e in quadretti di ragazzate scompiscianti nella loro apparente greve ilarità e inutilità scrittoria. È la scelta, il modo, la perizia e la volontà in cui Giuseppe Mannino ci si presenta, nel comunicare molto più di quanto potrebbe sembrare che non appaia nel frequente, non intellettuale, diretto approdo canzonatorio e allora, con una pausa di riflessione o un dubbio indotto dalle sue parole, ci accorgiamo della pregnanza dei pensieri e dello spessore delle immagini. Autore non nuovo in avventure poetiche di buon esito, Mannino ha la capacità di porgere l’arguzia e la riflessione, la canzonatura e la nostalgia, il desiderio non sopito e il dolore bruciante con versi di immediato e sicuro effetto, semplici per convinzione programmatica e capacità espressiva, versi che si lasciano leggere e che anzi, come in una danza, oltre alle dolci bugie, ci portano alle voci che sanno come essere felici, nei ritrovati sorrisi che stanno in cielo, là dove, come in Val di Demone, non tramonta mai il sole, istigano al buon umore e alla fantasia, sicché la simpatia del lettore è tanta da leggere le poesie d’un fiato. La naturalezza del verseggiare è espressione di colorita maturità del verso, del pensiero, della vita del poeta, che conosce e vive l’immane dolore di chi ti grida ululo nella valle / per impietosire la luna, di un uomo, dell’uomo conoscitore e vittima della donna che ti regala la vita, della donna che ti complica la vita e che anche se scrive un sogno è finito / e non ne ho di riserva, sappiamo che nell’animo ha già fatto incetta, tanto da potere sostenere l’errabonda ricerca e scendere/ là, dove tutto è confuso...e farmi seppellire / nel limbo della memoria. Certo è che questo ragazzaccio, così restio al misurato ordine classico, ravviva la naturalezza del sentire e pare che ci conduca in un labirinto in cui si diletta ad ammiccare, indirizzare e disorientare per poi appendere nei suoi musei queste fantasticherie, queste follie, con questo battere chiodi. Per farci scoprire come oltre la tenerezza dei sorrisi - e così l’autore si confessa - gli rimane incombusto il bisogno di un’alterità, che, sicuramente per amore e non soltanto per amore, lo trattiene e lo lascia ammutolito. Le poesie di Mannino sono spioncini che ci aprono a molteplici panorami e a introspezioni immediate della cruda esistenzialità, spioncini che hanno nelle parole uno strumento e un alleato sicuro e dagli effetti sonori ed emotivi altrettanto convincenti, spioncini che ci aiutano a decifrare una cartografia storica dell’animo e dei livelli sotterranei del subconscio dell’artista e dei nascosti fermenti affettivi e immaginifici. In tutto questo le passioni amorose, le passioni poetiche e le passioni civili del poeta risultano impastate da rigeneranti condizioni della memoria personale. C’è una sorgente, quella della poesia, che permette a Giuseppe Mannino di dire ritrovato un sorriso e rendergli così felice o almeno umanamente vivibile e godibile il giorno dell’uomo con i dolori e oltre i dolori, i giorni che lo vedono impegnato e protagonista nelle passioni civili e politiche. È anche questo che conforta gli amanti della cultura e della poesia, scoprire come vi sono uomini che non si perdono nell’attivismo forsennato e spesso fine a se stesso, uomini che testimoniano come e quanto sanno fare dell’azione politica proiezione non disgiunta da quella dell’attività culturale, dell’affinamento delle passioni personali e della sensibilità poetica ed estetica, immettendo nel circuito esistenziale energie e ideali che non perturbano, non fanno scadere il “sociale”, anzi lo corroborano, lo finalizzano.
Il volumetto di Giuseppe Mannino, Giocatore di sogni (Roma 2003, costo € 10,00 ), che inaugura una collana di poesie di una giovanissima e dinamica casa editrice romana, Lepisma, nata su suggerimento del fine poeta Dante Maffia, ha un’indovinata e fine veste grafica, che colpisce subito per la tonalità particolare della scelta cromatica della copertina, un rosso aragosta che condensa il caleidoscopio dei calori, delle passioni, delle emozioni nel luogo proprio dell’incontro fra poeti e lettori.

Domenico Cambareri


PocketPC visualization by Panservice