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Latina. Pasqual Chevez, una cittadinanza discutibile. Domenico Cambareri: «Occorreva maggiore rispetto per i
valori laici della comunità»
L'avvenuta assegnazione della cittadinanza onoraria al nono successore di Giovanni Bosco (nella foto),
Pascual Chávez Villanueva, Rettor Maggiore dei Salesiani, e soprattutto le motivazioni addotte per
il conferimento dal Consiglio comunale di Latina richiedono e impongono delle puntualizzazioni.
Innanzitutto, perché ai Salesiani sia stata attribuita la cittadinanza onoraria, nella
persona del loro Rettor Maggiore, di motivi ce ne sono a iosa, purché essi vengano
evidenziati e indicati in maniera corretta e senza ingenerare equivoci, confusioni,
infondate identità di natura, ruoli, missioni. Essi sono quelli ripetuti per i tanti
lunghi giorni di anni durissimi, gli anni della bonifica prima e del dopoguerra dopo,
nello spirito altruistico e nell'abnegazione con cui dei sacerdoti hanno dato il
loro contributo morale e materiale, ed anche spirituale e religioso, per quanti vi
hanno creduto - e per gli stessi religiosi, per i quali l'ultimo aspetto è quello
"ridondante", totalizzante -, alla comunità civile anche senza guardare a quale fede
un uomo apparteneva. Essi sono quelli elencati in alcuni passaggi del discorso tenuto
dal sindaco della città per l'occasione.
È altresì vero e necessario che anche in occasioni così onorifiche i termini e le
aggettivazioni d'encomio devono essere ben misurati e valutati prima di utilizzarli
con opportunità e con correttezza. E se il discorso del sindaco ha una certa sobrietà,
per quanto con qualche svista (il papa non fu Pio IX: così retrodatiamo tutto all'età
del Risorgimento) e con qualche iperbole di troppo e proprio storta: la città e i salesiani
un tutt'uno; nell'essere i salesiani il cuore e la "nostra" anima più autentica,
così non risulta affatto essere la motivazione ufficiale, che è poi il documento che conta.
In giorni e in mesi in cui si proclama purtroppo a parole il rispetto, l'applicazione
rigorosa e la difesa del principio fondamentale della laicità dello Stato, e con esso
della laicità civile come condizione irrinunciabile e totalmente condivisa del
rispetto delle idee e delle posizioni individuali e di gruppi. Nel momento in cui ancora
il papa, anche se non rinuncia a rivendicare le radici cristiane dell'Europa (cristiana:
e di quella non cristiana, cristianizzata a forza, o cristiana che non vuole l'interferenza
di piani e di ruoli?) per la nascente Europa politica su cui dovrebbe tacere, auspica
che non sia lontano il giorno in cui ogni fedele di qualsiasi credo possa essere
libero di professare ovunque il suo credo senza limitazioni alla sua libertà, capita
proprio qui a Latina un qualcosa di poco verecondo. Pur nella in generale condivisibile
scelta del Consiglio comunale di Latina, è motivo di rilevare come esso scrive - e forse
pensa - con contenuti e modi inaccettabili e con un rispetto scarso o nullo per
la laicità dello Stato. Esso infatti, nella motivazione, parla con incontenibili
pulsioni retoriche e sperticate lodi che escono completamente fuori dal seminato
di "determinate ruolo di formazione e di evangelizzazione", di "insostituibile contributo
educativo" e che "ha identificato" la storia della città con quella dei salesiani. In
tal modo si auto-attribuisce, peraltro, compiti che non mi risultano essergli
istituzionalmente propri.
E se a Latina accade questo, a Roma accade di peggio. Vediamo, anche in televisione,
come la terza carica della Repubblica, il Presidente della Camera, come con noncuranza
(si fa per dire) si china per baciare la mano ( o l'anello) del pontefice.
Ma è proprio difficile per certi italiani riuscire a tenere una equilibrata, lineare
via tra fede bigotta o sdolcinata o accomodante qualunquismo e il puntuale rispetto
delle regole fondamentali? E cosa significa per costoro esser laico, soltanto
non esser prete o frate? È proprio così difficile dimostrare avveduta e cosciente
maturità civile e non involvere in atteggiamenti e modi di agire che risultano
culturalmente bacchettoni e retrivi, a meno di non voler inventare un protagonismo
retrò di conservatorismo religioso a fini para-ideologici e un esibizionismo
dalla buon rendita?
Domenico Cambareri
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