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Latina. Tutte le emozioni del Teatro. Giorgio Albertazzi: «Incredibile Arthur Miller: a 84 anni suonati sembrava quasi uno
sperimentalista...»
Davanti le Telecamere di ParvapoliS Giorgio Albertazzi.
Il mondo di Mister Peters, in scena al D'Annunzio di Latina, è il luogo della memoria, un mondo dove echi del passato si fondono col presente e con l’irrealtà, è il luogo dei pensieri e dei ricordi di quell’esplorazione profonda e a volte tormentata del proprio io.
L’opera, scritta da Arthur Miller nel 1997 e rappresentata per la prima volta a New York nel giugno del 1998, è alla sua prima rappresentazione italiana con la rivisitazione di due grandi protagonisti del teatro italiano, oltre che due grandi appassionati di Miller: Enrico Maria Lamanna, che ne cura la regia, e Giorgio Albertazzi, la voce, il corpo, l’anima del protagonista.
«Una piece straordinaria. Considerato che l'autore aveva 84 anni, mentre
sembra il testo di uno sperimentalista. Ha scritto un testo sull'impossibilità
di scriverne uno. Un soliloquio tra il delirio e il gioco».
Parliamo della sua conduzione del Teatro Argentina. C'è stato un aumento
di pubblico ed abbonati. A cosa è dovuto questo successo?
«Al repertorio, tra tradizione e innovazione. E il fatto di considerare l'attore come
centrale dello spettacolo. Mi sembra si debba ritornare al "protagonista", la cui mancanza è
una delle pecche del teatro contemporaneo. Intendiamoci: il livello medio degli
spettacoli oggi è più alto rispetto a qualche anno fa. È migliorato. È difficile
trovare qualcuno veramente incapace sulle scene. Però, dal neorealismo in poi,
si è quasi cancellato il concetto stesso di protagonista. Così succede di vedere
un Amleto perfetto ma senza Amleto». La nuova drammaturgia propone spettacoli
tecnicamente perfetti. Ma questo non fa bene al teatro... «Assolutamente no.
Rende il Teatro molto scontato, senza pepe, senza stimoli, senza quella imprevedibilità
che è la sua stessa essenza. Il Teatro deve stare lontano dalle soluzioni troppo facili.
Deve essere non dico rivoluzionario, ma quanto meno avventuroso. Lo spettatore
deve stare rizzato sulla sedia, non rilassato». Tony Servillo, che sappiamo
essere stato anche all'Argentina, lamentava di tagli troppo grossi alle compagnie.
Le che ne pensa? «Sono dalla sua. Lo stato dovrebbe aiutare il Teatro. Soprattutto
le compagnie private. Un primo modo sarebbe quello di detassarlo e defiscalizzarlo.
Lo dico da trent'anni. Il Teatro non è mai a scopo di lucro. Qualcosa bisogna fare,
a livello legislativo».
I programmi futuri... «Non mi piace averne. A me piace non sapere cosa farò domani.
Comunque, ci sarà Mister Peters fino alla fine del mese ed il mio impegno all'Argentina. Ci sono delle cose che sto facendo
con Ronconi e Zeffirelli, quest'estate farò il regista di un'Opera. E poi c'è un film...»
Claudio Ruggiero
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