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Roma. Storia della Massoneria italiana. Fulvio Conti: «Dopo il 1870 buona parte della nostra classe dirigente liberale transitò per le logge»
Davanti le Telecamere di ParvapoliS Fulvio Conti, docente
di Storia Contemporanea all'Università di Firenze ed autore
del saggio «Storia della Massoneria Italiana. Dal Risorgimento
al Fascismo» (Il Mulino) presentato ieri a Villa Medici "Il
Vascello" la sede nazionale del Grande Oriente d'Italia di Palazzo
Giustiniani, la Massoneria Italiana.
«Mentre la massoneria italiana del Settecento», leggiamo nella prefazione
al volume, «è entrata da tempo nell'ambito degli interessi della storiografia
accademica (basti pensare ai lontani studi di Carlo Francovich o a quelli, più recenti,
di Vincenzo Ferrone, Giuseppe Giarrizzo, Gian Mario Cazzaniga, Antonio Trampus),
altrettanto non può dirsi per le vicende del sodalizio liberomuratorio nel secondo
Ottocento e nel Novecento. Su questo periodo esiste una letteratura copiosa,
ma essa è dovuta perlopiù a storici non professionali, a pubblicisti e giornalisti,
a membri delle varie organizzazioni mossi di volta in volta da intenti apologetici o
denigratori, e comunque non in grado di sciogliere nodi storiografici o di inquadrare
la questione in un ambito più generale di ricostruzione delle dinamiche sociali
e politiche dell'Italia liberale.
Non è facile spiegare le ragioni del diverso appeal che la storia della massoneria
settecentesca ha suscitato fra gli studiosi rispetto a quella dei due secoli successivi.
Certo la Rivoluzione francese e il periodo napoleonico hanno segnato un momento
di forte discontinuità nelle forme e nei contenuti dell'associazionismo massonico.
Quello del XVIII secolo fu immerso nei movi
menti riformatori dell'Illuminismo, ebbe larga diffusione nel ceto intellettuale
e nelle classi aristocratiche e altoborghesi, fu una delle strutture sociali
nelle quali si venne formando la sfera pubblica borghese. La società civile,
scrisse Lessing nel 1778, "non è altro che un frutto della libera massoneria"!.
I massoni del Settecento sono stati perciò descritti come "profeti dell'illuminismo",
come sostenitori di una "religione dei moderni", come artefici di nuovi modelli
di sociabilità laica e democratica, come parte significativa, insomma, di quel
vasto fermento sociale e culturale che sfociò nella Rivoluzione francese e aprì
le porte alla modernità».
C'è una tradizione storiografica che vuole Massoneria motore unico del Risorgimento
e del processo di unificazione nazionale. A inizio secolo Oreste Dito, tra i fondatori
della Società calabrese di Storia Patria cercò di accreditare l'idea della Massoneria
quale ispiratrice e incubatrice del movimento patriottico nazionale e delle azioni
del "Gran Maestro" Giuseppe Garibaldi. Più tardi, si tenderà a sfumare e a ridimensionare
questo ruolo nel periodo antecedente al 1870. Dal 1870 le cose cambiano. Perché
gran parte dei protagonisti della nostra storia nazionale diventeranno massoni (Garibaldi
fu iniziato in Sud America, a Montevideo, nel 1844) .
Da allora l'humus culturale diventerà sempre più importante e ci sarà quasi un'identità
di ideali e di valori tra Massoneria e il nascente Stato liberale. È così?
«Voi dovete pensare che quando lo Stato Italiano nasce, è in forte contrapposizione
con la chiesa cattolica. Quando dopo il 1870 Roma diventa Capitale del Regno
d'Italia Pio IX e il mondo cattolico hanno una reazione molto dura, invitando i cattolici
a disertare le urne e quindia non legittimare il nuovo Stato. La Massoneria fa il
percorso inverso. Difende strenuamente le conquiste dell'Unità e del nuovo regno, in quanto
Stato Laico. In questa scelta c'è la volontà di contrapporti ai valori cattolici.
La Massoneria interverrà anche con un contributo alla democratizzazione del Paese».
I cinquant'anni d'oro della Storia della Massoneria, le sue pagine più importanti
e prestigiose, terminano nel ventennio fascista. Mussolini, tra laici e cattolici,
sceglie i cattolici con i Patti Lateranensi, seguiti dalla dichiarazione
di incompatibilità tra Massoneria e Partito Nazionale Fascista...
«Quando il Duce prende la strada conciliatorista, la Massoneria rompe con Mussolini
e Mussolini rompe con Mussolini. E inizierà una vera e propria persecuzione
contro l'istituzione e i suoi affilati. La prima legge "fascistissima" è del 1925:
comincia la costruzione del regime autoritario e di lì a poco segue la legge sulle
associazioni. Scioltasi in Italia, la Massoneria comunque ha un ruolo importante
all'estero. Gli esuli francesi, in particolar modo, daranno il loro contributo,
come elemento di coagulo delle forze antifasciste, democratiche, socialiste e
liberali».
Questa la Massoneria italiana ieri. Ed oggi?
«Beh, oggi la Massoneria non è più quella di cento anni fa.
Ha un ruolo nettamente minore. Basti solo pensare a personaggi
che sono stati affiliati all'epoca. Ci sono capi di governo
e nomi del calibro di Francesco Crispi, Agostino De Pretis,
Giuseppe Zanardelli. E poi Ministri a volontà, centinaia di
deputati. Pensate che nel 1914, dopo le prime elezioni a suffragio
universale, dopo che i cattolici
hanno partecipato al voto ed hanno ottenuto numerosi consensi
mandando a casa diversi massoni, ci sono ancora più
di 90 deputati affiliati al Grande Oriente d'Italia.
Oggi la situazione è sicuramente diversa».
Andrea Apruzzese
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