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Roma. Storia della Massoneria italiana. Gustavo Raffi: «Un'Istituzione silente, isolata, che non dialoga, non ha oggi alcuna ragione di esistere»

Davanti le Telecamere di ParvapoliS Gustavo Raffi, il venerabilissimo Gran Maestro del Grande Oriente d'Italia di Palazzo Giustiniani, in occasione della presentazione a Villa Medici Il Vascello del saggio di Fulvio Conti «Storia della Massoneria italiana. Dal Risorgimento al fascismo», un nuovo incontro curato da Bernardino Fioravanti e dal servizio biblioteca. La Massoneria e la storia. Che dire? «La storia è storia, non si può piegare per esaltare un ruolo e non può essere usata per schiacciare le ragioni di esistere. La storia è implacabile nell'esaltare i meriti e nell'evidenziare le manchevolezze. E questa "Storia della Massoneria" nasce "dal di dentro", attraverso la documentazione, attraverso l'apertura dei nostri archivi offre alla società la possibilità di una lettura seria ed interessante. Io continuo a sostenere che molte incomprensioni sono state dovute alla scarsa lungimiranza dei massoni. Oggi noi siamo tornati ad essere un soggetto attivo perché con umiltà siamo andati a studiare un ruolo, una giustificazione storica, un impegno sociale». Impegno sociale che è stato forte a cavallo del secolo. I massoni sono stati il motore del nascente stato unitario. Che rapporto può esserci tra la Massoneria di ieri e quella odierna? «Qui bisogna fare una riflessione. Quando un laboratorio lancia un grande progetto di rinnovamento, in funzione anche pedagogica ed educativa, e questo messaggio arriva a destinazione, altri soggetti si appropriano del messaggio. Ma l'importante non è mietere il raccolto. L'importante è aver seminato. Più la società progrediva e più altre forze hanno occupato alcuni spazi. Ecco che il nostro patrimonio di valori, etici, metafisici, spirituali, si è allargato, è stato condiviso. Le grandi esperienze sono state sempre in essere. C'era l'incapacità di comunicare all'esterno. Ma anche il nostro intervento nella società c'è sempre stato. Il Pane Quotidiano, a Milano, esiste dal 1896. Gli Asili Notturni, a Torino, esistono da oltre cent'anni. L'impegno lo troviamo anche in organizzazioni confessionali, perché dove c'è il dolore non c'è la bandiera. L'errore storico della Massoneria è stato nella comunicazione. E oggi chi non comunica è out. Oggi bisogna dare luce e visibilità a questa partecipazione e soprattutto rivendicare l'orgoglio per la nostra storia e per l'appartenenza».
Lei, nel corso del suo intervento, ha lanciato uno slogan, quasi un grido: "Una Massoneria silente, che non fa storia, che non dice niente alla società, che non dialoga, non ha ragione di esistere"... «Direi che è ovvio».
Con il secondo Ottocento non venne certo meno la componente ideale che aveva caratterizzato il primo periodo di vita del l'istituzione massonica in Italia. «Anzi», sostiene Fulvio Conti, «insieme alla segretezza e alla dimensione iniziatica che continuarono a conferirle un carattere esclusivo ed egualitario al tempo stesso, fu proprio la forte valenza etica e culturale della militanza a decretare il successo dell'ordine liberomuratorio. Non è possibile spiegare il radicamento della Massoneria nell'Italia postunitaria prescindendo dall'analisi dei valori culturali e dei princìpi filosofici dei quali essa si fece portavoce: l'idea della fratellanza universale, l'umanitarismo cosmopolita, il mito del progresso, la faticosa elaborazione di una religione civile intrisa di un laicismo che sovente sconfinò nell' anticlericalismo più intransigente».

Andrea Apruzzese

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