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Latina. Corridoio Tirrenico: sono tutti d'accordo. Ma Legambiente insiste: « Un'altra patacca nel nostro territorio, pagata coi nostri soldi»
Nell’attuale discussione sulla nuova autostrada che dovrebbe collegare Fiumicino a Formia,
appare sempre più chiaro che non esiste alcuna politica dei trasporti in grado di valutare
attentamente la domanda e l’offerta di mobilità civile e commerciale della nostra regione
e nel nostro paese in generale.
In Italia attualmente vengono movimentati su gomma i 2/3 del traffico merci terrestre e il
92% di quello passeggeri.
Abbiamo il primato mondiale assoluto di auto per abitante con oltre 33 milioni di veicoli
in circolazione, che determinano circa 6-7.000 morti all’anno per incidenti (colpa delle
strade?).
Latina è ai vertici di questa classifica in quanto, ogni 100 abitanti, vi sono 62 veicoli
circolanti.
Ogni estate si fa un gran parlare dei cambiamenti climatici in corso, ma pochi si ricordano
del fatto che il settore trasporti contribuisce con il 30% alle emissioni di CO2 nel nostro
paese.
L’intermodalità di trasporto (soprattutto ferro + gomma) è stata una scelta strategica per
la maggior parte dei paesi europei, mentre qui da noi, ad esempio con l’Intermodale di Latina
Scalo, è stata l’occasione per realizzare l’ennesima “patacca” territoriale, pagata a suon di
miliardi dai contribuenti.
Chi dice di sì oggi al Corridoio Tirrenico Meridionale, dava a suo tempo il suo caloroso
assenso a quell’opera, ma sembra non accorgersi che le due scelte vanno in direzioni
diametralmente opposte.
Nessun ambientalista si è mai opposto alla realizzazione del collegamento tra l’Intermodale
e la S.S. Appia perché la riteneva un’opera utile per migliorare l’offerta di mobilità
nella nostra zona: se qualche amministratore ha cambiato idea, almeno abbia il coraggio
di liquidare la società, smettendola di accollare le perdite di quell’esercizio alla
collettività.
Da questi esempi nasce lo scetticismo di Legambiente verso la nuova opera prospettata, e
non dal pregiudizio aprioristico, che come sempre, per comodità e demagogia, ci viene
attribuito quando poniamo le nostre domande imbarazzanti:
- Dov’è il Piano di fattibilità economica complessiva, con i relativi piani di
finanziamento, soprattutto di parte pubblica?
- Dove li trova, la Regione Lazio, i 1.238,92 milioni di euro (più di 2.500 miliardi di lire) che dovrebbero essere di sua competenza (il 40% del costo stimato) per realizzare l’opera?
- Perché si parla dei vantaggi economici per la nostra economia, quando il sistema ipotizzato per l’esazione dei pedaggi, và a tutto vantaggio del sistema viario a breve e lunga percorrenza da e per Roma?
- Da dove si evince il vantaggio economico per le imprese e per gli utenti che attualmente non pagano alcun pedaggio?
- Tra tempi di realizzazione e tempi di ammortamento della spesa, occorreranno almeno 20 anni affinché si ottengano profitti, quale sarà la domanda di mobilità in questo lasso di tempo?
- Senza la quarta corsia della Roma-Fiumicino e soprattutto senza la Pedemontana
di Formia, l’opera è perfettamente inutile, perché tanta fretta e tanto mistero sulle
procedure di V.I.A.?
Se si continua a giustificare la realizzazione dell’opera per favorire l’economia locale, ci si dica almeno come questo dovrebbe avvenire, perché non ci consta la maggior velocità di soggetti amputati rispetto ai normodotati.
Non da ultimo (per ordine di importanza), soprattutto sul piano politico, ci sarebbe da giustificare il rispetto dell’articolo N. 19 delle Norme Tecniche di Attuazione dei Piani Territoriali Paessagistici del nostro Ambito (il N. 10): quella norma, approvata dalla Regione Lazio nel 1998, tutela l’integrità del paesaggio agrario realizzato con la bonifica pontina, sia fini estetici che produttivi. Tenendo conto che buona parte dei sindaci dei territori interessati dall’opera sono di AN e che tutti hanno detto di sì all’opera, chiediamo che per il futuro, almeno evitino di frequentare le “feste della mietitura del grano”, inventate “dall’ei fu”.
Mauro Cascio
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