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Latina. Giornata della Memoria. Spesso, a sinistra come a destra, si preferisce ricordare a metà. Cronaca di un tabù ancora troppo radicato...
A me pare che il modo migliore di celebrare la Giornata della memoria consista nel non
lasciare mai Israele solo di fronte a chi si propone di distruggerlo. Mi pare consista,
cioè, nell'evitare di distinguere fra gli ebrei e Israele, fra il popolo israeliano e
i suoi governi. Lo Stato di Israele è gli ebrei che non sono più disposti a lasciarsi
uccidere dai totalitarismi e dagli autoritarismi politici, dagli integralismi religiosi
e dai razzismi di ogni specie. Lo Stato di Israele è gli ebrei che hanno imparato
a difendersi. I suoi governi, quale ne sia l'indirizzo, sono la democratica e libera
espressione della sovranità popolare. Sarebbe bene non dimenticarlo.
Gli inglesi dicono: «Right or wrong, my country». Che, tradotto, vuol dire più o meno:
«Qualsiasi cosa faccia il governo, io sto col mio Paese». Noi italiani diciamo di essere
con gli ebrei, ma precisando troppo spesso che gli ebrei e il popolo israeliano sono
una cosa e Israele e il suo governo, soprattutto quando di quest'ultimo non ci
piace il colore, sono un'altra.
Così, consciamente o inconsciamente, il nostro sostegno a Israele è ritmato dal
succedersi dei suoi governi: se il governo ha il colore che ci piace siamo
incondizionatamente con Israele; se no, finiamo col bruciarne le bandiere. Senza chiederci
se, per caso, quei roghi non sconfinino nel razzismo.
La distinzione fra ebrei e Israele, fra popolo e governo israeliani, è politicamente
corretta e moralmente accettabile? Penso proprio di no. La distinzione implica, infatti,
la negazione morale delle ragioni stesse della nascita dello Stato di Israele,
il disconoscimento politico della sua legittimazione internazionale e del suo carattere
democratico interno e, infine, della legittimità del suo governo. In realtà, anche se
il governo israeliano che uscirà dalle elezioni di oggi rifletterà solo la percezione
che una parte della popolazione ha dell'interesse nazionale e, soprattutto, dei
modi di perseguirlo, esso rappresenterà l'intero Paese di fronte a chi ne persegue
la distruzione. Questo è lo spirito che anima la democrazia israeliana. E che dovrebbe
animare anche chi conserva nel proprio cuore il Ricordo.
Da qualsiasi parte la si guardi, la distinzione fra ebrei e Israele, fra governo e
popolo israeliani, finisce con essere un modo moralmente e politicamente ambiguo
di prendere le distanze da Israele, e da ciò che esso rappresenta per l'intera umanità,
con la scusa di prenderle dal suo governo. Essa rischia, infatti, di tradursi,
per un verso, in una forma «politicamente corretta» di solidarietà al popolo
israeliano per le stragi delle quali è vittima quasi quotidianamente e,
per l'altro verso, in qualcosa di più e di peggio della tacita insinuazione
che il suo governo, in fondo, se li sia andati a cercare. In definitiva,
nella giustificazione politica e persino morale degli attentati del terrorismo
palestinese.
Mauro Cascio
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