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Latina. Giordano Bruno: l'uomo universale martire del Libero Pensiero. Un simbolo del lento, doloroso passaggio tra il medioevo e la modernità
La mattina del 17 febbraio, Giordano Bruno, scortato dai confratelli della Compagnia
di San Giovanni Decollato, è condotto dal carcere di Tor di Nona a Campo de Fiori, dopo
che in cella sette padri di quattro diversi ordini hanno tentato più volte di dargli
l'ultimo conforto religioso secondo la fede cattolica. Giordano Bruno sale sulle fascine
per lui preparate senza essere strozzato prima del supplizio delle sue carni col fuoco,
in quanto eretico impenitente e reietto, e ha la bocca bloccata da una mordacchia di
legno onde non profferire più insulti, parolacce, condanne - di cui era ovunque famoso -
in un momento come questo.
Figura controversa, enigmatica, compiacente delle sue ribalderie intellettuali, scandalizzatore
di professione, monaco miscredente che continuò spesso a indossare il saio e impenitente
sciupafemmine e amante del bello e dei sensi, maestro di magia (o meglio di mnemotecnica),
per alcuni anche agente segreto doppiogiochista tra Francia e Inghilterra (per garantirsi
l'incolumità fisica), vera opposizione vivente alle regole della morale filistea cattolica
e del trionfante puritanesimo protestante sulla peccaminosità della carne che andava sempre
e comunque castigata. Per questo sempre nomade in fuga per l'Europa e maestro nelle
coperture, nelle doppie identità e nelle doppie verità, onde non essere individuato
trattenuto colpito dagli agenti cattolici, Giordano Bruno costituisce uno dei simboli
fondamentali del passaggio lento, doloroso, sanguinolento dall'età medievale e rinascimentale
a quella moderna e infine a quella contemporanea. Nello scandire nella nostra coscienza
e nella nostra memoria storica i passaggi fondamentali dell'allargamento dei diritti
finalmente universali dell'uomo per natura, o, in via subordinata, secondo il positivismo
giuridico, oggi sappiamo di essere in grado di godere di quei frutti proibiti conculcati
per secoli come qualcosa di vieto e di satanico dall'imperversare fanatico, sanguinario
ed esclusivistico dell'ideologismo cattolico e cristiano in generale, ideologismo
che mai nulla ha avuto a che fare con il pollone originario del Gesù maestro d'amore.
Taluni, nel recente revival editoriale legato al bicentenario della morte tragica del
filosofo utopista (17 febbraio 1600), hanno avuto buon giuoco nel dimostrare che il
monaco nolano era un poco di buono come uomo, che proponeva intenti teologico-filosofici
non meno esclusivistici di quelli della Chiesa cattolica, che dal Sant'Uffizio fu
trattato secondo un minuzioso, puntuale rispetto delle procedure giudiziarie. Costoro e
ancora le gerarchie della Chiesa cattolica legate alla superbia e alla confusione dei
propri individuali ruoli e di associazione in terra, dimenticano però che tra il teorizzare
modelli filosofici (quello di Campanella vale non meno di quello di Platone con la sua
Repubblica, o con quello di Tommaso Moro santificato dalla Roma cattolica) e il mettere
in atto azioni concrete per realizzare progetti a questo punto di natura istituzionale e
teocratico-politica ne corre almeno quanto la distanza fra le rive di un oceano. Inoltre,
ancora non capiscono o dimostrano di non capire o di non volere capire - e questo è
la cosa in sé più grave -, che per quanto venissero rispettate le procedure previste dai
codici e per quanto i responsabili del procedimento si dimostrassero provvisti di grande
pazienza davanti agli inconcludenti giuochi tattici del filosofo domenicano da decenni diventato
il risuscitatore della prisca religione egizio-isiaca, questo è qualcosa che è da
valutare in subordine, nell'ambito dell'analisi di "cause terze", pertanto nell'ambito
ad esso specifico. La questione è tutt'altra, e cioè che Bruno o qualsiasi altro
uomo delle più diverse contrade d'Europa che aveva idee diverse da quelle della Chiesa
in materia di fede, aveva tutto il diritto di poterle divulgare. Sì, la questione
è tutt'altra e si identifica con la forma più perversa della pseudomorfosi cattolica
dall'indomani dell'editto costantiniano e poi ancora dalle fanatiche pazzie degli
imperatori dell'età tardo-antica, su cui i vescovi di Roma ebbero modo e comodo
di mettere le loro ciliegine di fiamme e di stragi plurisecolari. E cioè la pretesa
imposta di costituire l'unico ed esclusivo asse di congiunzione fra il "potere"
divino e quello terreno, e quindi di potere legiferare, verificare, giudicare
in ogni materia e in ogni questione della vita degli uomini.
È quindi facile comprendere come Giordano Bruno costituisce un simbolo non soltanto per
gli uomini i quali professano le più diverse fedi e filosofie ma anche per i laicisti
più accesi e per gli atei. Egli fu un uomo che non ebbe paura di soggiacere alle
paure che pur l'assalivano - e, senza dover essere indispettiti dai suoi vizi, dalle
sue fisime, dalle sue umanissime e ben meno turpi passioni di quelle che furono a
quanti per secoli sedettero sul soglio di Pietro o che in forza delle loro cariche
lo circondarono -. Che non ebbe paura davanti alla morte e che non abiurò. Una lezione
immortale della libertà dello spirito, come già molti secoli prima era stata quella di Socrate.
Con Giordano Bruno gli uomini liberi e i difensori morali e civili delle umane
libertà, contro le prevaricazioni e le derive fanatiche delle fedi non solo religiose,
oggi commemorano la crescita delle stesse libertà civili e l'irrobustirsi
della coscienza dei popoli d'Occidente di fronte al rischio di prevaricare nella
confusione dei ruoli politici religiosi economici nel cimento della difficile
realtà contemporanea, soprattutto nel confronto e nelle frizioni fra "mondi", "civiltà",
"forma mentis" collettive molto diverse, legate ai fenomeni delle migrazioni, del
mondialismo, del "neo"-neo-colonialsimo, del terrorismo addebitato troppo spesso
all'esclusivismo dell'integralismo islamico.
Più da vicino, nell'ambito della nostra storia civile e patria, la commemorazione
di Giordano Bruno ci obbliga a molte più cose, come, pur nella differenza dei tempi a
noi più prossimi, a ricordare i giorni e le date del nostro Risorgimento, come a
quella da pochi giorni trascorsa che ci riporta alle brevi, fugaci giornate
della Repubblica romana. Ideali mazziniani adempiuti anni dopo, con l'avere avuto
la nostra Città eterna a nostra capitale, da noi con le armi strappata al più infame e
falso potere, vero centro di specializzazione di falsi storici che nulla mai hanno avuto
a che fare con la specifica missione spirituale di divulgare il messaggio del redentore
per i veri credenti e missionari, e non per i sovrani del sacro mercimonio.
Nella foto la statua a Giordano Bruno a Campo de Fiori, realizzata a inizio secolo
da Ettore Ferrari, presidente dell'Accademia delle Belle Arti e Gran Maestro
della Massoneria Italiana.
Domenico Cambareri
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