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Roma. Una festa per Boris. Giancarlo Nanni: «Tutta quanta la realtà, tutto il mondo è fatto di malattie che non vengono mai diagnosticate»
Davanti le Telecamere di ParvapoliS Giancarlo Nanni, regista de "Una festa per Boris"
in scena in questi giorni al Teatro Il Vascello di Roma
«Ciò che ci unisce in realtà è una malattia, tutto il mondo è fatto di malattie simili
che non vengono mai diagnosticate», scriveva Thomas Bernhard. Ed è "Una festa per Boris",
la prima opera teatrale dell'autore austriaco, che sarà rappresentata fino al 14 marzo.
"Una festa per Boris" è la sintesi e il completamento dell'esperienza cominciata lo
scorso anno con il laboratorio teatrale integrato portato avanti da Nanni.
Un laboratorio che ha portato all'integrazione di persone con disabilità, fisiche e
psichiche, con attori e tecnici della Fabbrica dell'attore. Primo obiettivo
realizzato dal laboratorio è stato quello di individuare, per ogni singolo partecipante,
la sua posizione all'interno del gruppo, stimolando e sollecitando così le dinamiche
di relazione tipiche di una comunità. Ogni persona si trovava così ad avere un ruolo
con una precisa valenza nella struttura e nello spettacolo da realizzare.
I personaggi borderlines di Una festa per Boris si incarnano anche nella fisicità di corpi segnati e affidano le loro ossessioni a fragili psicologie. Gli eroi all’apparenza deliranti del grande drammaturgo austriaco, diventano così cassa di risonanza delle voci di chi ha necessità di ricordare agli altri la propria esistenza.
Claudio Ruggiero
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