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Latina. Nozze gay. Gli omosessuali palestinesi si rifugiano nel democratico Stato di Israele. Per la loro società sono solo dei criminali
Sul "Corriere della Sera" è stato pubblicato un articolo di Davide Frattini che riporta
le testimonianze dirette di due ragazzi gay palestinesi. Ahmed e Mohammed sono stati vittime
di torture e abusi a casa, poi sono stati accolti, come altri 300 omosessuali, in Isarele
e ora vivono tra prostituzione e paura, aiutati da un'associazione di Tel Aviv.
I Territori controllati dall'Autorità nazionale palestinese sono un incubo per i gay,
perseguitati e trattati come criminali dalla loro società.
Ecco ampi stralci dell'articolo. «Ahmed è palestinese, è gay, è scappato in Israele dopo
che un giorno gli estremisti di Hamas erano andati a cercarlo a casa. A Tel Aviv
dorme dove può - da un amico, da uno sconosciuto incontrato in una sauna - e deve
nascondersi dalla polizia perché qui è un clandestino. Ma almeno non deve più nascondersi
dai fratelli, che lo ammazzerebbero per cancellare il disonore dalla famiglia. "Vivo in
Israele dal 1998, quattro anni fa sono tornato in Cisgiordania: c'erano i funerali di mio
adre". Quella volta ha rischiato troppo, è stata l'ultima. "I poliziotti palestinesi -
ricorda Ahmed, che ha 23 anni e ha chiesto di non usare il vero nome - sono riusciti a
fermarmi. Mi hanno portato in una caserma, picchiato. Ho passato la notte immerso in
una fossa piena d"acqua di fogna. Volevano farmi confessare di essere un collaborazionista,
di fare la spia per gli israeliani. Mi hanno rilasciato solo dopo che mio zio ha pagato.
Mia madre mi ha dato dei soldi e mi ha detto di sparire per sempre. Da allora non ho
più visto il mio villaggio".
Ahmed è sempre inquieto, sulla difensiva, come se ogni mattina si svegliasse
dallo stesso incubo. Lo stesso che vivono altri trecento omosessuali palestinesi
rifugiati in Israele. Come lui raccontano di essere stati perseguitati e torturati,
come lui hanno imparato l'ebraico in fretta - cancellando l'accento arabo - e in
fretta hanno imparato a riconoscere i poliziotti in borghese. Non sono un gruppo,
non sono amici, è difficile fidarsi degli altri quando ci si sente braccati: quando
un'espulsione verso Gaza o la Cisgiordania diventa una condanna a morte».
A dare una mano a questi fuggitivi c'è Shaul Gonen con l'associazione Aguda: «"I più
terrorizzati hanno aspettato un anno prima di rivolgermi la parola. (...) La maggior parte
di quelli che scappano - continua - ha tra i 14 e i 18 anni. Questo è l'unico Paese
del Medio Oriente dove possono venire, la nostra società è molto aperta verso i diritti
degli omosessuali. L'Autorità palestinese li accusa di collaborazionismo per poterli
arrestare: in passato i servizi segreti israeliani avrebbero fatto pressioni sui gay
per usarli come informatori. Raccontano di essere stati torturati dai padri e dai
fratelli maggiori. Qualcuno mi ha detto che gli estremisti hanno provato a farne
dei kamikaze per riscattare l'onta con la morte".
I maltrattamenti sono stati denunciati anche dal Dipartimento di Stato americano, nel
rapporto sui diritti umani del 2003: "Nei territori gli omosessuali sono stati vittime
di molestie, di abusi, alcuni di loro sono finiti in carcere". (...) Shaul è un
israeliano di sinistra. "Alcuni amici mi hanno accusato di fare il gioco della
destra - dice - perché denuncio le violenze contro gli omosessuali nei territori. I (...)
palestinesi (...) devono imparare a rispettare chi è diverso, fuori dalla
loro mentalità, cultura o religione".
Sulla schiena Mohammed porta ancora i segni delle ultime quattro ore trascorse nel
soggiorno della casa in cui è nato. Quando il padre, la madre e uno dei fratelli
l'hanno legato a una colonna e hanno cominciato a colpire. Con un tubo di plastica,
con i cavi, con i ferri arroventati. Alza la maglietta per mostrare le cicatrici (...).
"È stato mio fratello a scoprirmi - ricorda -. Ero rimasto da solo e avevo invitato
un ragazzo conosciuto al mercato. Ci ha sorpresi nudi sul letto. Per mesi non ha
detto nulla ai miei genitori, ma ogni mattina mi minacciava 'oggi parlo', un giorno
lo ha fatto". (...) Shaul sta tentando di far accogliere Mohammed in un Paese europeo.
"In cinque anni - spiega - la nostra associazione è riuscita a mandare all'estero
otto uomini e tre donne. La convenzione Onu del 1951, firmata anche da Israele, garantisce
il diritto d'asilo a chi è perseguitato a causa dell'orientamento sessuale. Ma
per questi giovani palestinesi è molto difficile ottenere lo status di rifugiati
o anche solo il permesso di soggiorno. Per loro è comunque meglio andare a vivere
lontano dai familiari. I parenti arabi israeliani la sera pattugliano le strade
di Tel Aviv dove si prostituiscono"». Sullo stesso argomento, un articolo di Bbc News
dello scorso ottobre.
Sara Fedeli
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