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Latina. I pericoli della Televisione. Marcello Veneziani: «È una debolezza teorica vedere nella "massa" del materiale grezzo da modellare»

Davanti le Telecamere di ParvapoliS Marcello Veneziani, saggista e consigliere della Rai a Latina per un incontro organizzato dal Comune di Latina per parlare di tivvù. La televisione generalista è bollata come il mezzo effimero, volatile per eccellenza. Solo uno strumento di livellamento di massa? «Il livello minimo di formazione cresce, con la tivvù generalista. Poi c'è il risolto negativo, perché vengono omologati i gusti. Ma io temo che oggi i gusti vengano omologati anche a prescindere dalla tivvù, ormai. È la società dei consumi in generale e le stesse tivvù non generaliste ma di nicchia ad intervenire in questo senso. Ecco, bisogna ripensare a tutto l'impero televisivo». Popper rimproverava agli operatori televisivi di sottovalutare il loro compito televisivo... «Sì, ma lui è arrivato a degli esiti che sono francamente inaccettabili. Pensare che voglia un "patentino" per fare la tivvù è un'idea un po' retro'. Un conto è chiedere una maggiore selezione in termini qualitativi, altro è chiedere presunte "certificazioni" che credo che non servano mai a nulla». Abbiamo tutti letto Tocqueville e la sua critica alla tirannia dell'opinione, alla massa popolare che anziché essere educata vuole giudicare. Assecondarla non è demagogico e irrazionale? «Il grugnito di dissenso o di consenso spesso serve a poco. L'accanimento dell'opinione pubblica è un concetto direttamente proporzionale alla sua manipolazione: una debolezza teorica che vede nella "massa" solo del materiale grezzo da modellare». E allora come sarà la "sua" televisione? «Io ho presentato in Rai un progetto, è stato approvato dal consiglio, è stato messo in strada dal direttore generale, ora mi auguro che nell'arco di un anno si vada a realizzare. A causa delle pigrizie mentali si dovrà procedere ad una corsa ad ostacoli, però mi auguro che si arrivi lo stesso alla meta».
Apriamo una piccola parentesi, relativa alla presenza massiccia, a volte esagerata, dei cattolici nella televisione di Stato. In uno stato laico, in cui almeno sulla carta tutte le religioni dovrebbero stare sullo stesso piano, che senso ha questa sovraesposizione che va di fatto a legittimare le ragioni della chiesa di Roma con milioni di italiani? «Io credo che noi non possiamo prescindere che larga parte del popolo italiano è di formazione cattolica. Certo, un conto è fare della tivvù un mezzo catechistico, altro è farne un mezzo che esprima quella sensibilità».

Elisabetta Rizzo

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