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Latina. Accademia dei Lincei. «La nuova cultura delle città». Trasformazioni territoriali ed impatti sulla società. Online il convegno...

Un contenuto culturale di assoluto prestigio da oggi su ParvapoliS. È infatti on-line uno speciale relativo al convegno «La nuova cultura delle città - Trasformazioni territoriali ed impatti sulla società». Il convegno, promosso dal gruppo di ricerca del Progetto CNR - Agenzia 2000 "Trasformazioni territoriali e impatti sulla società: La nuova cultura delle città", coordinato da Elio Piroddi, dell'Università di Roma "La Sapienza", ha lo scopo di sottoporre all'attenzione della comunità scientifica internazionale il progetto di ricerca e di discuterne gli esiti con alcuni esperti nel campo degli studi urbani. Il convegno si inserisce nell'attività del Centro di Studi e Ricerche "I Futuri della Città", rappresentando l'ideale prosecuzione del precedente Progetto Strategico CNR "I Futuri della Città, conoscenze di sfondo e scenari". Il convegno, che nel titolo evoca un celebre testo di Lewis Mumford, assume i risultati del Progetto Strategico e li proietta su scala internazionale, mirando a favorire la progressiva elaborazione di una nuova cultura delle città collocata nel quadro dei fenomeni planetari. A tal fine la ricerca affronta le questioni relative alla reciproca interazione tra territorio e società, analizzando i principali fattori di trasformazione della cultura territoriale, quali il pluralismo culturale e politico, la transizione dalla modernità alla contemporaneità, i nuovi modi di abitare e di utilizzare i tempi e gli spazi urbani, le innovazioni tecnologiche nei trasporti e nelle comunicazioni. La ricerca mette dunque a confronto il nucleo fondante del pensiero mumfordiano con i fattori (globalizzazione, delocalizzazione, virtualizzazione, retroazione della tecnologia sulla biologia) che mettono in discussione l'importanza e il valore dello spazio fisico e della prossimità spaziale, come mezzo di interazione tra gli esseri umani.
L'importante appuntamento è stato realizzato grazie anche e soprattutto alla collaborazione dell'Accademia dei Lincei, che lo ha anche ospitato. L'Accademia, figlia e nutrice al tempo stesso di quell'humus culturale risorgimentale, laico, liberale, elitario è oggi uno dei luoghi deputati della Cultura con la C maiuscola. Fondata fa Federico Cesi nel 1603 per studiare i "misteri" della natura, ebbe da subito l'antipatia della chiesa cattolica e in Galileo Galilei uno dei suoi membri più illustri. La natura andava infatti indagata con libera osservazione sperimentale, di là da ogni vincolo di tradizione e autorità. La dotta compagnia di studiosi prendeva a suo simbolo la lince, per l'acutezza e la profondità dello sguardo dell'astuto felino. L'ultimo e definitivo restitutor dell'Accademia in Italia si ebbe però dopo il '70 con Quintino Sella, lo statista e scienziato piemontese; nel riaffermato ideale della scienza laica quale primario valore da coltivare in Roma italiana (la mazziniana terza Roma che doveva contrapporsi alla defunta Roma dei papi), il Sella ridiede vita nel 1874 alla gloriosa istituzione lincea, naturalmente qualificata di "nazionale" e "reale". L'Accademia di Sella, in un secolo ormai di vita, è generalmente considerata la maggior erede della tradizione cesiana. La larga e lungimirante visione del Sella volle ampliato l'ambito delle scienze lincee, da quelle fisiche, matematiche e naturali, cui si era dedicata l'accademia seicentesca, a quello delle scienze "morali" o umanistiche (storia, filologia, archeologia, filosofia, economia, diritto), cui lo statuto del 1875 e quelli susseguitisi (l'ultimo approvato con D.P.R. 17-5- 1986) destinano la seconda classe dei suoi Soci. Dalla restaurazione del Sella, l'Accademia dei Lincei consta dunque di due classi, una per le scienze fisiche e l'altra per le morali, in ognuna delle quali l'ultimo statuto prevede un numero massimo di 90 Soci nazionali e altrettanti corrispondenti e stranieri annualmente cooptati. Con questa struttura, rimasta nelle sue grandi linee immutata, i Lincei hanno vissuto il secolo e oltre della loro moderna reincarnazione, rappresentando il più antico e prestigioso consesso della scienza europea e internazionale: da Righi e Pacinotti a Fermi, da Pasteur a Rontgen e Einstein, da Mommsen e Wilamowitz a Comparetti e Croce e Gentile, tutto l'Olimpo del pensiero scientifico italiano e mondiale ha riempito il suo annuario e le sale della sua sede romana, il settecentesco Palazzo Corsini alla Lungara, che il patriota restauratore fece assegnare all'Accademia dallo Stato italiano. Ma le vicende di questo stesso Stato, nel corso del Novecento, dovevano trovare la loro eco anche in questa tranquilla sede della scienza. I Lincei di Cesi avevano rappresentato fin dalla loro nascita lo spirito della libera indagine moderna, combinata "col divino amore" (come si espresse il Fondatore), cioè aperta a una schietta, non dogmatica religiosità. I risorti Lincei di Sella furono come detto figli del Risorgimento italiano, laico, liberale. Lo Stato totalitario che per un ventennio dominò in Italia non poteva vedere di buon occhio quella indipendenza e quel liberalismo linceo. Perciò nel 1939 l'Accademia fu "fusa", cioè assorbita per legge del Governo fascista con l'Accademia d'Italia da esso istituita quale docile contraltare ai severi Lincei. Questa ultima eclissi durò pochi anni, quanto durò la guerra e il Regime. Alla sua caduta, uno dei primi provvedimenti dell'Italia liberata fu, su suggerimento di Benedetto Croce, la soppressione dell'Accademia d'Italia e la ricostituzione di quella di Cesi e di Sella, che la dittatura aveva voluto annientare.

Elisabetta Rizzo


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