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Latina. I dati di Osserfare. L'economia pontina scricchiola ma non ci si discosta di molto dalla media nazionale. I disoccupati oggi sono l'8,7%
Le cronache locali di questi ultimi giorni propongono purtroppo con frequenza casi di difficoltà e di crisi aziendali, con scricchiolii anche in settori portanti
quali il chimico-farmaceutico; le classifiche stilate da alcuni importanti quotidiani e istituti di ricerca fanno scivolare Latina su e giù nelle posizioni come su un
ottovolante; le analisi congiunturali di Osserfare registrano nel 2003, per l’economia pontina, un crescendo di difficoltà; il valore aggiunto provinciale
cresce ma con una dinamica più lenta che in passato e si distanzia dalle medie di crescita regionale e nazionale.
In questo scenario, incerto e tendente più al grigio che al sereno, un segnale positivo molto parziale sembra invece venire dal mercato del lavoro, con una
discesa del tasso di disoccupazione all’8,8% dal 10,0% del 2002. In questo Latina non si differenzia dalla media nazionale, dove il tasso di disoccupazione scende all’8,7%.
Alla diminuzione del tasso di disoccupazione si accompagna anche una lieve riduzione delle forze di lavoro. Non si tratta di un segnale positivo perché le forze
di lavoro, che rappresentano la quota della popolazione residente che si colloca sul mercato del lavoro (cioè la somma degli occupati e dei disoccupati), sono sinonimo
di popolazione attiva e rappresentano un indicatore sintetico della vitalità di una comunità, della sua possibilità di produrre reddito.
Riuscirà il sistema–Latina a stare al passo con i cambiamenti del mercato del lavoro ma, soprattutto, riuscirà a governarli e ad esprimere il necessario protagonismo locale?
Per il mercato del lavoro in provincia di Latina i risultati dell’Istat relativi al 2003 sono di segno differente rispetto a quanto evidenziato nel corso del 2002 e sembrano
interrompere il trend negativo del biennio precedente, pur non essendo comunque esaltanti.
Il primo giudizio di sintesi che emerge dall’esame dei dati è di tenuta dell’occupazione maschile e di lieve miglioramento di quella femminile. La constatazione è
ancora più significativa se si pensa che nel corso dell’anno 2003 la congiuntura economica provinciale ha subìto un progressivo indebolimento.
Le forze di lavoro si attestano sulle 216.000 unità e rappresentano il 47,3% della popolazione di 15 anni e oltre residente in provincia. Tale aggregato è
composto dagli occupati, in leggerissimo aumento rispetto al
2002, e dai disoccupati, in calo. La risultante di tali dinamiche è una lieve diminuzione delle forze di lavoro (-1000 unità), performance quest’ultima in contro
tendenza rispetto agli ultimi anni, in cui mediamente la popolazione attiva è cresciuta intorno alle 8.000 unità annue.
In termini relativi, il 2003 fa registrare un’inversione del trend di crescita del peso della popolazione attiva sul totale popolazione residente di 15 anni e oltre:
tale componente è progressivamente cresciuta a partire dal 1999 (45,4%), sino al 2002 (48,9%), per attestarsi, come abbiamo detto, al 47,3% nel 2003, al di sotto
delle corrispondenti medie regionale e nazionale, entrambe intorno al 49% della popolazione residente.
avvicinano a partire dal 1999, anno in cui il tasso di disoccupazione torna ad una cifra.
Per questo parliamo di risultati non esaltanti, perché le forze di lavoro, che rappresentano la quota della popolazione residente che si colloca sul mercato del lavoro
(cioè la somma degli occupati e dei disoccupati), sono sinonimo di popolazione attiva e rappresentano un indicatore sintetico della vitalità di una comunità, della sua
possibilità di produrre reddito.
Il complemento a tale aggregato sono le “Non Forze di lavoro” che ammontano a 240 mila unità e costituiscono, nel 2003, il 52,7% della popolazione residente; nel Lazio
le non forze di lavoro costituiscono il 50,5% della popolazione, mentre in Italia la loro incidenza è del 50,9%.
Questa categoria comprende: le persone che non cercano lavoro attivamente, 12 mila unità (-11,3% rispetto al 2002); le persone disposte a lavorare a particolare
condizioni, 8 mila unità (+6,3% rispetto al 2002); le persone non disposte a lavorare, 159 mila unità (+8,6% rispetto al 2002) e le persone in età non lavorativa, 61 mila
unità (+2,9% rispetto al 2002). Questi ultimi due sottoinsiemi costituiscono rispettivamente il 35,0% ed il 13,4% del totale della popolazione residente.
Dunque, un ulteriore segnale non positivo viene proprio dalla ragguardevole crescita delle non forze di lavoro: +13.000 unità (+5,9%), in prevalenza determinata da
quanti non risultano essere interessati a lavorare (quasi il 90% delle persone in età lavorativa che appartengono alle non forze di lavoro).
Tra l’altro, rispetto agli altri territori il gap è rilevante: con distanze che sfiorano i 10 punti percentuali, Latina presenta la quota più consistente di
persone che dichiarano di non essere interessate all’impiego. Tale peculiarità pontina si può spiegare in parte con una struttura per età della popolazione
più giovane rispetto agli altri territori, alimentata da alti tassi di natalità; la stessa circostanza che nel 2003 la popolazione residente di oltre 15 anni (forze di lavoro
+ non forze di lavoro) ha fatto registrare l’incremento percentuale annuo (+2,8%) più elevato dal 1994 è un ulteriore conferma di questo dato.
La disaggregazione per sesso coglie un andamento diverso fra uomini e donne: per i primi si può parlare di stazionarietà nel numero degli occupati e dei disoccupati;
per le seconde il miglioramento è più evidente: le occupate crescono del 2,9%, le disoccupate diminuiscono del 18,3%, ma le forze di lavoro femminili risultano
comunque sostanzialmente invariate. L’occupazione femminile scende nell’industria del 5,0% mentre quella maschile aumenta del 3,4%. Il peso dell’industria in termini
di occupati, come abbiamo già detto, si attesta al 29,8% (era 29,4% nel 2002 e aveva raggiunto il minimo del 25,3% del totale degli addetti nel 1998).
In particolare, l’agricoltura registra nel 2003 una forte riduzione della base occupazionale con circa 6 mila occupati in meno (-28,8% rispetto al 2002) e la distribuzione
per settore di attività evidenzia una sensibile riduzione di peso (dal 10,6% del 2002 con 21 mila occupati complessivi, si passa al 7,5% con 15 mila occupati complessivi)
dell’occupazione agricola.
Mauro Cascio
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