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Gaeta. Cinema e narrativa. Sergio Rubini: «Chi fa insieme l'attore ed il regista è spinto da una schizofrenia conclamata e inguaribile»
Davanti le Telecamere di ParvapoliS Sergio Rubini, attore e regista. Spesso in Italia
queste due figure esistono in una sola persona mentre in America esse tendono ad
essere scisse: tu come fai a conciliare due professioni che, come hai detto tu stesso,
dovrebbero mantenere una certa autonomia? «Io riesco a conciliarle tenendole comunque scisse.
Penso che il fatto che io faccia l'attore e il regista contemporaneamente sia proprio
l'espressione di una schizofrenia conclamata e inguaribile: la realtà è che sono due
mestieri che spingono in direzioni completamente opposte».
Ma quando si tratta di caratterizzare un personaggio, è più l'attore che si presenta come
uno scheletro che il regista deve riempire oppure è il regista che deve semplicemente
limare la personalità già formata dell'attore?
«Ognuno fa il suo film, ma ci sono almeno 3 modi di vedere queste figure. C'è un cinema,
come quello fatto dai comici, dove il comico è il motivo per il quale vai a vedere il film,
non ti interessa la trama. Poi c'è il cinema d'autore, dove delle volte gli attori
sono solo dei pupazzi che si agitano in un teatrino che l'autore si immagina. Poi c'è
un cinema che riesce a tener presente sia una cosa che l'altra e quindi ci sono degli
autori che poi si servono di attori, di comici e li lasciano magari anche liberi
di muoversi. Pensate a Jarmush che usa Benigni».
Glauco Di Mambro
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