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Latina. La Città possibile. Paolo Chiozzi: «Io mi auguro che anche i grandi centri urbani diventino luogo di partecipazione e non di esclusione»
Davanti le Telecamere di ParvapoliS Paolo Chiozzi, docente di Antropologia Culturale presso
il corso di laurea in Psicologia dell'Università di Firenze. Chiozzi ha partecipato come relatore
al convegno su «La città dell'Uomo» organizzato dal Grande Oriente d'Italia di Palazzo
Giustiniani, la Massoneria Italiana, a margine della Gran Loggia.
«Una breve premessa metodologica delinea l’approccio elaborato nell’ambito della
"antropologia (urbana) dell’infanzia", evidenziandone le potenzialità e le prospettive.
Facendo riferimento agli studi più recenti, si mettono in evidenza gli aspetti più rilevanti
di quell’approccio, che così possono essere sintetizzati:
(1) l’infanzia è una costruzione sociale (childhood);
(2) l’infanzia è una variabile che, nell’analisi antropologica, non può essere separata
da altre variabili quali la classe sociale, il genere, l’etnicità;
(3) l’infanzia e, in particolare, le relazioni sociali e le culture dei bambini meritano
di essere osservate in sé, dal momento che i bambini partecipano direttamente, come soggetti
attivi, alla costruzione delle proprie vite sociali, delle vite di coloro che stanno loro
intorno, e delle stesse società nelle quali vivono.
In tale prospettiva si prendono in esame le condizioni dei bambini nelle realtà urbane
contemporanee, evidenziando i limiti degli studi tradizionali sull’infanzia (che tendono
a considerarla una categoria omogenea) e formulando alcune ipotesi di intervento
politico, ma prima ancora culturale, per poter giungere a riconoscere nel bambino
un cittadino, e ad apprezzarne il ruolo di agente del mutamento culturale, particolarmente
significativo in una società complessa e in transizione».
Lei, oggi, si augura che la città diventi "luogo aperto". In che senso?
«Essendo in un'assise massonica non si può non parlare di mito e rito. Pensiamo
a quelli di fondazione di una città, di Romolo per esempio. Lui traccia
un solco per delimitare la città. Il solco separa la città dalla non città.
Come un muro. È questo è paradigmatico. Io auspico che la città diventi luogo aperto,
un luogo non di esclusione ma di partecipazione,
cominciando magari proprio dal bambino che deve essere riconosciuto come cittadino».
Quanto sono esclusi oggi i bambini e nei centri più piccoli il problema è meno
grave? «Nei piccoli comuni la situazione sì, può essere meno grave».
Paolo Chiozzi si occupa da molti anni di immigrazione e minoranze etniche, con particolare
attenzione alle problematiche riguardanti i “minori”. In questo ambito ha collaborato
con l’Istituto degli Innocenti (Firenze), con l’Unicef-Icdc, con l’Efcw (European Forum
for Child Welfare). Collabora altresì con l’Irrsae ed altre istituzioni che si occupano
di pedagogia interculturale, ed è il fondatore del "Centro di Comunicazione Interculturale".
È stato fra i primi in Italia ad occuparsi di Antropologia della comunicazione visuale,
ed ha anche curato trasmissioni televisive di argomento antropologico. Fra le sue molte
pubblicazioni, si segnalano i seguenti volumi: «Introduzione all’antropologia culturale»,
«Manuale di Antropologia Visuale», «Antropologia urbana e relazioni interetniche»,
«Etnicità e Potere», «Le frontiere del bambino», «Elogio dell’incertezza», «Ebrei e
antropologi», «L’identità etnico-culturale». In occasione del centenario della
Pubblica Assistenza, "L’Avvenire" di Prato (1899-1999) ha pubblicato la monografia
"La solidarietà laica: quale significato per il Terzo Millennio?".
Andrea Apruzzese
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