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Latina. Iraq. Maurizio Calvi (Ceas): «Non possiamo farci condizionare dall’emotività. Da questa impasse si può uscire solo con l'aiuto dell'Onu»
Maurizio Calvi, presidente del Centro Alti Studi per la lotta al terrorismo e alla violenza
politica, manifesta tutta la sua inquietudine per il susseguirsi dei gravi atti di violenza
in territorio iracheno.
«L’offensiva americana in Iraq – osserva con ironia il senatore Calvi – ha compiuto
il miracolo di favorire la micidiale alleanza fra i fondamentalisti sciiti e sunniti.
Bisogna sempre tener presente che ogni forma di terrorismo, ed in particolare quello
iracheno, è di per se autoreferenziale e si alimenta della reazione del proprio avversario.
L’escalation terroristica può essere frenata solo se si recupera il dialogo con gli esponenti
moderati delle varie comunità religiose presenti in Iraq».
Secondo il presidente del Ce.A.S., la serie di rapimenti a scapito di cittadini occidentali
costituisce un vero e proprio punto di svolta nella strategia di aggressione a danno
delle forze militari presenti in Iraq. “Non possiamo farci condizionare dall’emotività
– ammonisce il senatore Calvi – sarebbe un grave errore imporre, proprio adesso, il rientro
dei nostri militari da quelle terre anche se è innegabile che la campagna americana in
Iraq ha prodotto contraccolpi dirompenti e ben diversi da quelli auspicati. Dall’impasse
in cui ci si trova in queste ore, si può e si deve uscire rilanciando il ruolo dell’ONU
a cui va affidato l’incarico di mediare per la liberazione degli ostaggi sequestrati
dalle varie milizie armate».
Per il senatore Calvi, anche il nostro Paese può e deve impegnarsi a fondo per
sollecitare un ridimensionamento nella politica di Bush. «Dall’11 marzo l’Europa si
trova immersa a pieno nell’incubo del terrorismo. L’attentato a danno del presidente
israeliano Moshe Katzav provvidenzialmente sventato a Budapest conferma la tensione
di questo momento. I paesi dell’Unione devono ritrovarsi uniti per far sentire la
propria voce ed il proprio peso nell’elaborazione di una strategia comune di resistenza
al dilagare del terrorismo in Iraq come in ogni altra parte del mondo».
Mauro Cascio
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