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Latina. I "no grazie" dei direttori. Rosa Manauzzi: «I libricini scritti per gli amici, forse dovrebbero rimanere più spesso nel cassetto»
Gentile direttore.
Nessuna meraviglia che le persone tentino ogni via per apparire. La visibilità oggi conta
più di qualunque altra cosa. Ed è pieno di gente che ha fatto davvero poco, ma sta in prima
pagina o in primo piano, secondo i mezzi di cui dispone. Se si tratta di giovani donne
attraenti basta far trapelare qualche virtù fisica ed ecco che il pubblico corre in massa
ad acquistare il giornale. Loro lo sanno e approfittano, così come del resto approfittano
i direttori dei giornali. Sono strategie di mercato collaudate. Mi viene in mente l'orrenda
copertina di due tre settimane fa di un coloratissimo settimanale del sud Lazio:
pornografica è dire poco. Se fosse stato un giornalino di questo tipo poteva risultare
intrigante, di un erotismo ammiccante; purtroppo si trattava di un settimanale di
informazione e persino il pubblico maschile si è chiesto se avesse comprato il giornale giusto.
Ora, bisogna distinguere due tipi di giornali: quelli che vogliono riempire gli spazi e
quelli che discernono la notizia, in modo attento, vigilando con la loro presenza in
redazione e fuori. Se un direttore, ad un certo punto, solleva il problema, vuol dire
che decide di dare una direzione diversa al proprio giornale, consapevole però che
tante volte subirà vari tentativi di seduzione, e ci cascherà perché è umano.
A Latina si scrive per le nipotine? O si parla e si scrive sui pettegolezzi detti
dalla parrucchiera? Il gossiping è un altro modello importato che ha trovato
immediatamente seguito, più della coca-cola. Quindi non è un male tipicamente latinense,
però è tipicamente provinciale. È vero che molta gente di una certa età trova normale
mettersi a scrivere, improvvisarsi scrittore (magari senza aver mai scritto prima una
sola riga). Al contrario dei giovani dispone anche del denaro per pubblicare. Perché non
dimentichiamolo: i primi libri, anche dei grandi scrittori, sono quasi tutti a pagamento.
Pubblicare costa ragazzi. Oppure si deve conoscere l'amico dell'editore, l'amico
dell'amico, ecc. Raramente con un colpo di fortuna si riesce a pubblicare gratis, o
perché l'opera davvero vale (ma i tempi delle case editrici possono essere lunghissimi) o
perché già si ha un curriculum di tutto rispetto. Personalmente sono stata fortunata o brava,
non sta a me dirlo, ma ho faticato sempre parecchio, questo è certo.
Ma qui si discute più in generale: la visibilità è d'obbligo, anche in una città chiusa e
timorosa del nuovo come la nostra. Persino chi gestisce la cultura è vittima di
questo strano serpente che si morde la coda: se uno scrittore, un attore, un giornalista,
viene da fuori (magari ha avuto degli incarichi minimi a Firenze o in altre città
che non si chiamino Latina) è osannato e subito gli viene assegnato qualche
grande incarico e gli viene assicurata tanta pubblicità. Eppure di persone realmente
brave in città ce ne sono, ma vivono spesso ai margini della stampa, ignorati, a volte
solo perché hanno timidezza di mostrarsi. O perché quel nome ai direttori dei giornali
non suona, non dice nulla, chi sarà mai? Anche i giovani scrivono, ci provano,
a volte sfornando cose truculente, trash, pensando che debbano per forza andare
verso gli estremi per creare, e alla fine non creano un bel nulla. Come primo tentativo
di scrittura si mettono insieme dei versi: rigorosamente in rima (perché si pensa
che la poesia sia in rima, altrimenti non lo è). Se si è giovani si cercano parole
scandalose, credendo che abbiano il loro effetto, in realtà non gliene frega
niente a nessuno. Se si è più avanti con gli anni si cercano termini difficili, contorti,
il risultato è sorprendentemente lo stesso. Pochi si ricordano che la poesia
deve avere un ritmo interno, un respiro proprio. Eppur si scrive. E le piccole
antologie poetiche abbondano.
C'è una soluzione a tutto questo? Una volta le redazioni stavano per strada, indagavano,
andavano al cinema prima di scrivere le recensioni sui film. Ora si tende ad
aspettare la notizia seduti su una poltrona. Non è il caso di ParvapoliS,
che personalmente mi sono ritrovata davanti (anche inaspettatamente) a filmarmi
durante l'inaugurazione di una mostra di fotografie e poesie, con tanto di intervista.
I piccoli scrittori cercano un po' di notorietà, hanno poco e niente nel curriculum e
la faccia giusta per farsi strada ("da culo", scusate il termine poco poetico ma rende
l'idea.). Se poi questi piccoli scrittori crescono, beh, tanto di cappello. Tutti
dobbiamo iniziare da qualche parte. Non credo si nasca poeti o scrittori. Allora, in
questo caso subentra l'importanza del contenuto che si vuol trasmettere al pubblico:
se il tema è "cosa mangio all'osteria" il direttore ha il dovere di dire "no grazie,
attendo contenuti più idonei". Cercare visibilità è normale, trasmettere al pubblico
contenuti che non siano intimistici e personalismi è doveroso da parte di chi scrive.
E le piccole antologie poetiche, e i libricini scritti per gli amici, forse
dovrebbero rimanere più spesso nel cassetto o, appunto, nelle librerie degli amici.
Rosa Manauzzi
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