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Roma. ItaliAfrica. Savino Pezzotta: «Già negli anni 70 entra in crisi il concetto stesso di "sviluppo". E fa il suo esordio in scena l'indifferenza»

Davanti le Telecamere di ParvapoliS Savino Pezzotta, segretario generale della Cisl. «Oggi l’Africa sembra una terra lontana, confusa, preda dei mali peggiori. Quando se ne parla è per evidenziarne i drammi, le guerre e i disastri, tanto da apparire un continente difficile da comprendere e da avvicinare. Per questo di fronte all’Africa spesso l’opinione pubblica reagisce con timore e rassegnazione. L’iniziativa ItaliaAfrica vuole andare in un’altra direzione: chiarire a tutti (e a noi per primi) che il nostro paese (e tutta l’Europa) assieme all’Africa fanno parte dello stesso spazio, della stessa storia. Il nostro destino è comune. Per molti decenni i due continenti sono vissuti nel bene e nel male, congiunti, coinvolti non solo per l’economia ma anche per la cultura. Si è creato uno speciale comune sentire, un comune destino. Tuttavia oggi l’Occidente in generale, e l’Europa in particolare, sembrano abbandonare l’Africa al suo destino. Ricordo come al G8 di Genova il sindacato avesse chiesto e ottenuto di far partecipare anche esponenti del sindacalismo africano, un fatto significativo e positivo che spero si ripeta anche a Washington. Ma ricordo anche le promesse che sono state fatte a Genova, che sono agli atti, e mi auguro che la prossima Finanziaria aumenti gli aiuti allo sviluppo e che seguano fatti alle promesse, perché le recenti notizie che vedono crollato l’aiuto pubblico italiano allo sviluppo allo 0,16% del PIL non sono incoraggianti. Si dice che l’abbandono dell’Africa sia iniziato con la fine della guerra fredda, ed è pur vero che con la fine del modo bipolare l’Africa non è più strategica. Tuttavia il disimpegno inizia prima. Già negli anni 70 entra in crisi il concetto stesso di "sviluppo". La constatazione che l’Africa "non si sviluppa" fa dire a molti esperti ed economisti dei paesi ricchi che il continente non è ancora pronto, non è in grado di competere. Da qui si è scivolati verso un concetto che chiamerei autarchico: per svilupparsi un paese deve trovare in se stesso la forza di tale sviluppo. Così all’inizio degli anni 80 l’ondata liberista che si abbatte sull’Occidente, fa invertire il senso di marcia utilizzato fino ad allora nei confronti dei paesi in via di sviluppo: basta con gli aiuti, si privilegia il commercio (trade and not aid, "commercio/scambi non aiuti"). Si tratta di due concezioni contrapposte: secondo i sostenitori della teoria dello sviluppo occorre mettere un paese nelle condizioni giuste (sanità, scuole, strade, trasporti, servizi); secondo i liberisti fare questo crea dipendenza e non risolve, bisogna invece usare la leva del commercio, del guadagno».

Claudio Ruggiero

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