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Latina. The Passion. Sull'opportunità di aprire un dibattito a livello locale. Una cronista chiede di scrivere una recensione. Botta e risposta /2

Caro Mauro, comprendo benissimo il tuo rifiuto verso ogni mercificazione del sacro e credo che il tuo atteggiamento, per assurdo, sia addirittura più rispettoso e ortodosso di quello di tanti finti cattolici pseudo-spirituali e filo-ecclesiastici. Per quanto mi riguarda, sono assolutamente consapevole dei filtri attraverso cui ho vissuto il film (perchè questo film non si vede, si vive) e credo che l'interesse che ha suscitato in tutti non sia un mero caso di buona riuscita cinematografica. I miei limiti culturali sono molto - come dire - commerciali perchè personalmente non ci trovo nulla di contraddittorio negli intenti di un cineasta di fare quattrini: se il suo prodotto fa soldi perchè colpisce in qualche modo, ha ottenuto il suo e il mio scopo. Quando ti parlo di filtri culturali, mi riferisco a un atteggiamento che però non è solo mio, si tratta di un atteggiamento culturale collettivo di cui siamo sempre stati più o meno inconsapevoli. Nel Cinquecento ai dannati del Giudizio Universale michelangiolesco furono messi i mutandoni per coprire le pudenda, nel Seicento gli artisti barocchi erano spesso accusati dalla morale comune di indugiare troppo sui macabri dettagli dei vari martiri di San Bartolomeo e Sant'Agata. Infatti con la Controriforma, come saprai meglio di me, la "Santa Madre Chiesa" si chiuse in un totale rifiuto di qualsiasi innovazione, un atteggiamento che portò all'Inquisizione e a intenti didascalici così forti che produssero anche in arte risultati estremamente cruenti e poi spesso ripudiati. Era un clima particolare in cui tra Saraceni e Nordeuropei, la paura per gli "Infedeli" aveva preso il sopravvento. Non ti sembra che il nostro periodo storico sia particolarmente vicino a quello? Certo oggi la paura degli Infedeli saraceni è determinata più dai Kamikaze che non dallo sbarco di Maometto in Occidente, ma secondo me questo film è solo il prodotto culturale della crociata mediorientale che oggi coinvolge proprio tutti, dai politici di calibro internazionale, ai pensionati al bar che parlano di scudetto e di terrorismo. E più i preti si incazzano, più mi sembrano ipocriti perchè, a parte a Latina che è nata solo settanta anni fa, dopo i loro interventi televisivi, tornano nelle varie parrocchie e cattedrali in cui vivono, ricche di pitture e sculture con Santa Lucia dagli occhi strappati, San Bartolomeo con uno squarcio nella pancia e le budella estratte e arrotolate attorno a un fuso, san Maurizio scorticato vivo con un coltellaccio, san Sebastiano col corpo trapassato di strali come un colabrodo e soprattutto Cristo Patiens crocifisso dietro l'altare. Chi, tra i cattolici del 2004, prova ancora sentimenti di pietà di fronte a questi didascalici esperimenti artistici che parecchi secoli fa dovevano servire come monito e ricordo dell'amore infinito che ha permesso a Cristo di immolarsi? Noi cattolici (e mi ci metto anche io, nonostante il mio spassionato disgusto verso i preti e le suore) riusciamo ancora a piangere di fronte all'espressione del Cristo di Cimabue, dalla carnagione verdognola e con l'espressione tumefatta dal dolore? La risposta coerente è "NO". Però davanti alla violenza con cui i Romani flagellano Cristo e lo mandano a morire sul Golgota in sala si è sentito più di un naso mocciolante e anche i cattolici più freddi e meno emozionabili hanno vissuto momenti di commozione di fronte all'estrema violenza di cui la razza umana è obiettivamente capace in ogni tempo e in ogni dove. Bambini stuprati, morti violente, immagini choc di incidenti mortali sono all'ordine del giorno in televisione e tutti le guardiamo perchè, anche se i più ipocriti mi smentirebbero, abbiamo tutti il gusto dell'orrido. Ci sono trasmissioni che campano solo sulle morti in diretta e fanno milioni di ascoltatori, al TG si vedono bruciare corpi di americani trascinati sull'asfalto da trogloditi iracheni che gioiscono per il dolore inferto ai presunti, spietati colonizzatori e nei film la violenza è diventata fine a se stessa. Ormai siamo tutti assueffatti all'efferatezza con cui la morte può cogliere, anche se succede sempre agli altri. Tutti più cinici - è vero - ma non davanti al film di Mel Gibson, che prende atto della violenza del nostro mondo e la usa per toccare gli animi e per fare soldi (obiettivi che non ho alcun interesse a ordinare gerarchicamente). Sono uscita da quella sala afflitta e con un senso di spiritualità che avevo perduto completamente per merito di Babbo Natale e delle uova di cioccolato a Pasqua. "Sì, però il film non è coerente con la verità della Bibbia": non ho l'arroganza di conoscere la Bibbia e probabilmente è vero, ma immagino che ai grandi esperti e studiosi del Nuovo Testamento siano noti anche tutti i codici che fin dal Medioevo hanno corredato la vita di Cristo di episodi non presenti nelle fonti "ufficiali". La Legenda Aurea di Jacopo da Varagine, le Meditationes Vita Christi sono solo i primi due che mi vengono in mente... e quanti artisti si sono ispirati a quei testi piuttosto che alla Bibbia! Nel Seicento Bernardo Strozzi, pittore e frate, fu addirittura costretto a scappare da Genova per aver dipinto Cristo e gli Ebrei in un modo che non piaceva alla Chiesa ufficiale. In molti casi trovare la fonte di un episodio della vita di Gesù dipinto in una chiesa o commissionato da un nobile privato è stato tutt'altro che facile per gli storici dell'arte. Per tutti questi motivi, credo che l'accanimento verso l'opera di Mel Gibson, sia in realtà il desiderio del mondo di tapparsi occhi e orecchie (ma non anche la bocca). È un mondo che ormai non riesce più a guardarsi allo specchio perchè è così insopportabilmente brutto, da non potersi affrontare. È un atteggiamento che non mi stupisce in tre categorie di persone: preti - suore, politici e finti intellettuali.

Sara Fedeli


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