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Torino. Fiera del Libro. Pippo Baudo: «Il comico in televisione è un genere "quasi" nuovo di notevole interesse e di grande freschezza»
Davanti le Telecamere di ParvapoliS Pippo Baudo, il volto più
rappresentativo della televisione italiana. È stato uno dei personaggi
protagonisti dell'evento culturale più importante dell'anno:
la Fiera del Libro di Torino.
Nel corso del prestigioso appuntamento è stata dedicata una speciale
attenzione alla ricorrenza dei cinquant'anni della Rai e della
televisione italiana: un'occasione per ripensare i caratteri e i mutamenti della
nostra società, nel costume, nella mentalità, nei linguaggi, così come si sono
riflessi nello specchio della tv, attraverso dieci trasmissioni di speciale
significato, da "Lascia o raddoppia?" al "Grande Fratello".
Ma il tema conduttore di questa edizione è stato l'umorismo.
Riso e sorriso, espressioni costitutive dell'identità umana, non sono sempre stati
apprezzati dai filosofi che da Platone a Kant a Nietzsche hanno sempre guardato con
sospetto, se non con riprovazione, a un fenomeno spesso incontrollabile, a uno sconvolgimento
che si sottrae alla tutela severa della ragione.
Lei per esempio sostiene che anche la storia può essere divertente...
«Certo. Si scherza anche con la storia. Mica è tutto tragico. Quando racconti la storia
ci sono i suoi momenti spiritosi, divertenti accanto a quelli seri.
Non associamo l'umorismo alla leggerezza o alla banalità. L'umorismo è una cosa seria.
Guardate che è molto più difficile far ridere che far piangere».
Lei è "la" televisione. Dal suo punto di vista, diciamo "privilegiato", cosa pensa
di questa "invasione" di "comicità" che stiamo vedendo sul piccolo schermo?
Pensa che lo stesso varietà "classico" stia evolvendo in una forma diversa,
per l'appunto meno attenta all'ortodossia dello spettacolo e più orientata
al genere comico tout court? «È un bene, secondo me. I modi di pensare e di vivere
dei giovani diventano macchiette, diventano personaggi. A me divertono molto
anche per una loro caratteristica: la brevità. Una volta i monologhi duravano
quindici o venti minuti. Oggi in tre minuti ci fanno ridere e vanno via».
Se lei dovesse definire con un solo aggettivo il successo televisivo
della stagione, "Zelig", quale userebbe? «Scoppiettante».
Glauco Di Mambro
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