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Torino. Fiera del Libro. Mike Bongiorno: «I comici fanno televisione perché vogliono fare presto carriera. Non c'è niente di più facile»
Davanti le Telecamere di ParvapoliS Mike Bongiorno, uno degli ospiti più rappresentativi
alla Fiera del Libro, quest'anno dedicata all'umorismo.
Ridere resta un argomento serio da affrontare con la dovuta leggerezza. È quello che
si propone il ricco cartellone di eventi che la Fiera ha dedicato allo humour nelle
sue varie declinazioni e apparizioni. Si comincia dalla fisiologia e dalla psicologia
(con Pier Giorgio Strata, studioso della biochimica del cervello e gli psicologi Gugliemo
Gulotta, Donata Francescato e Fulvio Scaparro). Si passa a capire che cosa fa ridere
i bambini (con Cristina Lastrego e Francesco Testa, Emanuele Luzzati e Teresa Buongiorno),
senza dimenticare la recente storia dei fumetti, da Topolino a Jacovitti a Lupo Alberto.
Come si è riflessa la comicità nelle pagine letterarie? Uno dei più autorevoli ed estrosi
italianisti, Salvatore S. Nigro, ha tenuto una lectio magistralis sulla tradizione
del comico nella nostra letteratura, mentre Daniela Marcheschi ha fatto scoprire un
insospettato Leopardi umorista, e Keir Elam ha introdotto il folto pubblico alla comicità
shakespeariana. Vittorio Sermonti, reduce dai trionfali successi delle sue letture dantesche,
ha sottolineato l'elemento comico-grottesco della Commedia. Vittorio Sgarbi ha infine tenuto
un'altra delle sue memorabili lezioni, questa volta dedicata alla rappresentazione
della comicità nell'arte.
Lei invece come vede il fenomeno dei comici in tivvù?
«Sì, sicuramente sono aumentati, soprattutto nell'ultima stagione. È un campo più facile
per far carriera, evidentemente. È molto più difficile non fare il comico, perché
bisogna recitare. Mentre il comico se la cava con una barzelletta e via. Anche i giovani
ne sono attratti. A loro piace la leggerezza in sé, dal comico alle discoteche».
Glauco Di Mambro
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