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Torino. Fiera del Libro. Gino&Michele: «I nuovi comici vengono dal non professionismo. Il loro successo deriva dalla loro genuinità»
Davanti le Telecamere di ParvapoliS Gino&Michele, gli autori di un libro cult
come "Anche le formiche nel loro piccolo s'incazzano".
Gino Vignali e Michele Mozzati, scrittori e autori teatrali e televisivi, direttori di
"Smemoranda", hanno al loro attivo, oltre alla serie delle Formiche iniziata nel 1990
con la raccolta citata, numerosi libri satirici tra cui "Rosso un cuore in petto c'è fiorito",
"Saigon era Disneyland in confronto", "Antenna Pazza e la tribù dei Paiache", "Quinto Stato".
Hanno inoltre pubblicato la raccolta di racconti "La locomotiva".
Quest'anno la Fiera del Libro di Torino era dedicata al comico. In televisione
secondo voi si può ancora parlare di varietà oppure è nato un nuovo genere?
«No, tutto quello che riguarda il comico rientra nel varietà. Poi esistono
tanti generi di comico, così come esistono tanti pubblici. Esistono offerte
differenziate, diciamo». I comici televisivi dicono di non guardare la televisione.
E i "dilettanti" del media piacciono tanto al pubblico. Vuol dire qualcosa?
«C'è una freschezza dovuta al non logorio del professionismo. Anche noi, come autori,
spesso non la vediamo la televisione. In questa logica è giusto che poi
emerga chi porti cose nuove e non si avverta la "ripetitività" tipica del
professionismo pure». E quindi torniamo alla domanda di prima. Il varietà è un contenitori
di generi. Eppure qui siamo in presenza di qualcosa di nuovo, nel contenuto e nella
forma. Siamo proprio sicuri che non ci sia bisogno di una ulteriore forma di
"catalogazione"? Una cosa è "Fantastico" e il sabato sera, altro un fenomeno
televisivo che spesso nasce in aperta contrapposizione della televisione stessa.
«Vedete, i nomi alla fine contano poco. Che facciamo? Una sottospecie. Poi
una sottospecie della sottospecie. A che serve? Cosa cambia?
Io voglio vedere Zelig, poco importa se sia varietà o teatro tv. Penso che alla
fine diventi davvero secondario questo discorso sul genere».
Glauco Di Mambro
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