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Latina. Un mito del Jazz. Romano Mussolini: «È una città a me particolarmente cara. Quando ero bambino mi ci portava sempre mio papà»

Davanti le Telecamere di ParvapoliS Romano Mussolini, per la seconda volta al Doolin. «Un locale carino. Mi sono divertito. È qui che si fa il jazz, come una sala da concerto o una sala da the. Non si può certo suonare all'aperto, c'è meno concentrazione più esigenza di impianto. Oppure pensiamo ai palazzetti dello sport, con quell'acustica terribile. Ma l'estate ha i suoi vantaggi: si lavora di più». Lei viene a Latina, la città dove si è candidata sua figlia Alessandra per la presidenza della Provincia. «È straordinaria la caparbietà di mia figlia che combatte da sola contro tutti. Però ha un bel seguito e spero proprio che ottenga un bel successo. Lo merita. Ha ragioni da vendere ed un bel programma. La vedo una donna molto coraggiosa, in questo momento». Con una figlia così grintosa lei che rapporto ha? «Ci vediamo spesso. E ci sentiamo più volte per telefono, tutti i giorni. A Roma, poi, abitiamo pure vicini». Latina poi è una città a voi particolarmente cara... «E chi non lo sa? San venuto a Latina tante volte quando ero bambino, con mio papà. L'ho vista nascere questa città. Poi son venuto nel '38 ad una gara automobilistica. Partecipò mio fratello Bruno». Mentre fu Vittorio che l'avvicinò al Jazz? «Sì, a lui e a mia sorella che portò i primi dischi dall'Inghilterra con i grandi del passato». Il Jazz si è trasformato. Colpa della politica? «No, il Jazz non è mai cambiato». Lei ha inciso molti Cd... «Sono cinquant'anni che suono. L'ultimo l'ho registrato in Russia, appena quindici giorni fa».

Claudio Ruggiero

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