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Roma. La cultura della destra. Giorgio Albertazzi: «Non mi va di parlare del mio lavoro. Voglio dare sempre l'impressione di improvvisare»
Davanti le Telecamere di ParvapoliS Giorgio Albertazzi. «Abbiamo letto
circa 200 testi teatrali. E abbiamo notato che lo stato di salute
della moderna drammaturgia è abbastanza preoccupante. C'è una forte
tendenza ad una forma stereotipata di composizione, diciamo così "corretta".
Ed è per questo che abbiamo deciso di non assegnare il premio. Un po'
scontato, con testi pieni di didascalia. Anche se c'è qualcuno che
comincia a pensare a qualcosa di più aperto, così come dovrebbe essere.
Qualcosa da riempire con la scrittura di scena. Ripeto: qualcosa
si muove per una scrittura innovativa. Bisogna imparare a scrivere
per la scena, non solo per la lettura. Non sono pessimista:
ci sono gli estremi per sperare». Lei ora sta lavorando per il cinema e la tivvù...
«In televisione ho raccontato il "teatro italiano" insieme a Dario Fo.
E poi c'è qualche film. Ma non mi va di parlarne. Devo dare sempre
l'impressione di improvvisare, altrimenti non mi diverto».
Claudio Ruggiero
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