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Latina. La Moratti accoglie «l'antropologia cristiana» per la scuola pubblica. La sinistra: «Iniziativa becera». Pannella: «Indietro di mille anni, occorre più laicismo». I liberali: «Schiavi come al solito di una setta»

Zitto io e zitto tu, mentre tutta l'attenzione è concentrata altrove, giusto per evitare riflettori, polemiche e prime pagine il buon Camillo Ruini, presidente della Conferenza Episcopale Italiana e Letizia Moratti, ministro dell'Istruzione, dell'Università e della Ricerca hanno sottoscritto, nell'Aula Magna della Cei, l'Intesa sugli «Obiettivi specifici di apprendimento per l'insegnamento della religione cattolica (IRC)» nella Scuola secondaria di primo grado. L'obiettivo di questa rinnovata collaborazione fra Stato e Chiesa è quello dichiarato nel documento vaticano nel quale si legge, testualmente: «privilegiare una corretta visione antropologica, al servizio della verità nella carità, finalizzata a impedire al pluralismo di tramutarsi in confuso relativismo». Obiettivo sottolineato nella sua relazione alla recente assemblea della Cei anche dall'arcivescovo di Vicenza, Cesare Nosiglia che ha invitato parrocchie e singoli cattolici ad attrezzarsi per affrontare la sfida della scuola dell'autonomia e «non lasciarla in balia dello spontaneismo e dell'improvvisazione».
Il Vaticano, manco a dirlo, è soddisfatto del lavoro svolto dal ministro Moratti. Come affermato da Ruini infatti: «La riforma scolastica in corso di attuazione si qualifica per l'attenzione a una didattica rinnovata e mira a realizzare una convergenza fra le diverse discipline». Per Ruini l'insegnamento della religione cattolica (Irc) deve essere «armonicamente integrato nel sistema scolastico e dinamicamente idoneo a interagire con le altre discipline». Così da inquadrarsi «opportunamente con gli Obiettivi specifici delle altre discipline» e, come spiegato dal presidente della Cei, con il «profilo educativo, culturale e professionale dello studente alla fine del primo ciclo di istruzione (6-14 anni)». Il ministro Moratti, dal canto suo, ha definito la firma congiunta «un ulteriore progresso della riforma della scuola, che pone l'accento sul gran valore della reciproca collaborazione» tra Cei e Miur e «sulla costante condivisione delle mete educative, nello spirito di servizio verso i giovani italiani». E, nel citare il rilevante contributo pedagogico fornito dalla Cei alla Scuola pubblica, il ministro ha sottolineato come questo contributo sia «volto ad elaborare una risposta pedagogica, ispirata all'antropologia cristiana e alle diverse problematiche oggi emergenti in quest'ambito».
Quasi unanimi le reazioni. Molto critica la sinistra. Durissimo Furio Colombo, direttore de l'Unità, uno degli intellettuali a rispondere in un editoriale in cui accusa pesantemente il documento vaticano e critica la firma avvenuta in sordina e il concetto di «antropologia cristiana» venuto fuori. «Nel testo della Cei - scrive Furio Colombo - intitolato "Orientamenti connessi con la riforma della scuola pubblica e implicanze derivanti dalla approvazione degli obiettivi specifici di apprendimento per l'insegnamento della religione cattolica" (a cura di Cesare Nosiglia) diventa chiaro che non si sta parlando (e firmando) di ambientazione dell'insegnamento religioso nei nuovi programmi della riforma Moratti. Al contrario. Si sta progettando di adattare l'intero sistema scolastico italiano alla visione della «antropologia cristiana».
Un editoriale citato anche da Marco Pannella all'interno del suo intervento nel notiziario di Radio Radicale e in cui, proprio in merito al concetto di «antropologia cristiana» che il Vaticano sta tentando di far applicare alla Scuola pubblica, ha detto: «Qui si sta andando indietro di mille anni, è il momento di riprendere la battaglia per la laicità e per il laicismo e per una realtà di chiarificazione e una politica in particolare quella di centro sinistra che ha come cifra la doppiezza, la viltà e la slealtà soprattutto rispetto ai propri elettori». Preoccupazione per la svolta integralista anche dal pianeta liberale: «Siamo schiavi di una setta».

Mauro Cascio


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