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Latina. Bush day. Domenico Cambareri: «Una bella idea trasferire al 4 giugno gli ideali e i valori del 25 aprile. Una data troppo strumentalizzata». Gli errori di Berlusconi: «Concede troppo spazio alla confessione cattolica»

A ritmo serrato, dalle dichiarazioni del responsabile dei costruttori edili, alle precedenti conclusioni "pattizie" tra il ministro della cultura Moratti e il cardinale Ruini alle ancor precedenti dichiarazioni di Maroni e di Tremonti in materia di contrattazioni pubbliche alle celebrazioni per l'arrivo di Bush in Italia che iniziano oggi - evito espressamente quelle di natura direttamente attinente alla competizione elettorale in corso -, ritengo che urge l'esigenza che il governo Berlusconi debba attuare un corretto generale ripensamento e riposizionamento. In merito agli accordi con la Conferenza episcopale italiana, innanzitutto, è da precisare che sin dalla ratifica del nuovo Concordato i governi della Repubblica non hanno mai seriamente intrapreso l'avvio di un riordino delle norme vigenti, lasciando assolutamente inalterate le condizioni di privilegio di cui gode la Chiesa cattolica. Non si tratta di sfoderare alcun anticattolicesimo, quanto di invitare a mettere dei dovuti punti fermi. Infatti, ad esempio, sull'otto per mille io non faccio una questione di "guerra", visto che le scelte finora condivise in larga maggioranza dagli italiani permettono di destinare la loro somma a loro scelta fra lo stesso Stato e le comunità religiose che finora hanno sottoscritto accordi con la Repubblica. La strada è aperta anche ad altre confessioni, oltre a quelle, non solo quella cattolica, che finora lo hanno sottoscritto. Semmai, manca un effettivo specifico accordo con le comunità ebraiche italiane, salvo mio non recente ragguaglio, che comunque e ciò nonostante da sempre godono di questa possibilità. La materia trattata, stranamente in attuazione ancora delle norme del primo concordato (con cui la confessione cattolica veniva resa "religione ufficiale"), gode ancora oggi nell'ambito dell'istruzione pubblica di un privilegio assurdo. Infatti, nell'ambito dello spirito della stesura del secondo concordato, con cui la confessione cattolica non è più religione di Stato e con cui la persona del papa non è più definita "sacra e inviolabile", ovverosia con la puntuale e necessaria utilizzazione della terminologia giuridica propria ad uno stato di diritto e laico, permane il privilegio di avere un corpo docente a mezzadria. Cioè, pur non inoltrandomi nel richiamare uno dei diversi peccati originali della nostra Costituzione, ad esempio quello che recuperava al suo interno la salvaguardia dello strumento concordatario, e non addentrandomi in questioni valide e di principio, come per quanti ritengono che nelle scuole pubbliche non debba essere impartito alcun insegnamento di natura specificamente confessionale, questo governo e la maggioranza parlamentare che lo sostiene hanno già da molti mesi fatto passare una legge che immette, tramite concorso, nei ruoli del personale docente dello Stato gli insegnanti di religione. La cosa non può andare e non va affatto bene perché viene apertamente violata la sovranità statale, quindi dell'amministrazione pubblica che nella specie lo rappresenta, poiché non è rimosso il diretto, concorsuale controllo dei vescovi sulla scelta, sull'operato, sulla preparazione e sul giudizio relativo alla persona del docente di religione dell'insegnamento cattolico. E ciò è qualcosa di palesemente incostituzionale. Ma in un'Italia in cui molti segni indicano inquietanti fenomeni d'involuzione clericale (senza che Berlusconi e la sua coalizione nulla devono al Vaticano, quanto anche senza che nulla gran parte delle forze del polo opposto devono alla Chiesa cattolica), con un sussiego e una riverenza farsesche, bacchettone e una ipocrisia demenziale, è doveroso dire quanto altri non dicono. Per di più, non bisogna dimenticare di come le parrocchie occupano non poco tempo e sono preoccupazione di natura varia per le famiglie dei ragazzi che seguono la lunga fase di preparazione per la prima comunione e la cresima. Questo dato, che riguarda lo specifico esercizio delle libertà individuali dei cittadini in base ai loro credi, vuole soltanto rilevare il fatto che nella vita delle famiglie interessate il ruolo che ha la possibilità di esercitare e che esercita la Chiesa cattolica è davvero libero, intoccato e…tanto. Ruolo che così diventa, in abbinamento al privilegio che ha nelle scuole pubbliche, davvero appariscente e ampio, e forse per mesi interi nella vita di ragazzi che sono anche e innanzitutto alunni, prevalente. Non è certo questo il momento per affrontare da parte di tutti con la dovuta serenità una questione così oramai tanto aperta dalla viscida azione dei tanti politici di stagione e dalla Chiesa, ma è sicuro che si porrà nei prossimi anni l'esigenza di discutere e di decidere sulla presenza immancabile di rappresentanti del clero in tutte le manifestazioni della vita civile. E non è il caso di parlare qui di pariteticità. Il principio della superiorità dello Stato a garanzia universale delle libertà civili deve garantirci dalla presenza incessante e invadente di rappresentanti delle fedi, siano essi sacerdoti, pastori, rabbini, ulema.
Relativamente alla visita di Bush, Berlusconi ha realizzato un progetto che ha delle lungimiranze in apparenza o solo a livello strumentale, visto che si trova ad essere storicamente monco e moralmente ingiustificato. Nella politica dell'immagine perseguita dal premier, abbiamo visto come egli è riuscito a spiazzare completamente i comunisti e tutte le frange dell'estremismo camuffate da pacifisti nel non utilizzare la festa del 25 aprile, festa totalmente strumentalizzata da costoro, quanto fondamentalmente infondata e non amata da una fetta non indifferente della popolazione italiana che visse quegli anni terribili. Per dovere di verità storica, questa luttuosa ricorrenza nell'immediato dopoguerra e negli anni cinquanta fu soprattutto utilizzata ad usum delphini dalla fazione più intransigente, minoritaria e "giacobina" degli antifascisti, da quella azionista, sulla quale ricadono non poche responsabilità. Essa, infatti, nel suo cieco e fanatico antifascismo, non fu minimamente in grado di controllare il suo furore distruttivo e di dare esempio di intelligenza e saggezza politica e si avviò al velocissimo, immediato tramonto elettorale, rimanendo su posizioni di un sterile èlite chiusa in se stessa e costretta a ripiegare sotto gli ombrelli degli altri partiti. Essa lasciò così in eredità ai comunisti, dagli anni sessanta in poi, un patrocinio e un patrimonio di odio e di sopraffazione e non di pacificazione, cosa che ben aveva antevisto il leader comunista Togliatti, tattico e stratega politico di prim'ordine. Ebbene, se Berlusconi oggi esalta il ruolo della liberazione apportata dagli americani e riconferma la cerimonia delle Fosse ardeatine, in cosa sbaglia? Proprio perché aveva intenzione di rendere giustizia alla verità, Berlusconi e il suo governo avrebbero dovuto definitivamente sottrarsi alla triste e sanguinolenta vulgata esistenzialista e andare finalmente a commemorare, in uno con le vittime della ritorsione tedesca delle Fosse ardeatine, le vittime dell'attentato terroristico dei gappisti di via Rasella. Attentato terroristico in cui morirono vittime civili italiane che transitavano per quella strada. Attentato spietato e moralmente vile, di assoluta irrilevanza e di nessuna necessità bellica, che aveva e non poteva che avere come fine altro che lo scatenamento terribile della reazione tedesca. Pertanto, ancora la coscienza morale e storica del popolo italiano resta piegata alle interessenze e alle coloriture partitiche che questo governo dimostra di non sapere eliminare. Sulla esaltazione degli americani come liberatori, le cose non stanno ancora meglio. E nulla di peggio vi è per un popolo che aspettare o avere la propria libertà portata da altri e non conquistata da sé. Ma andiamo con ordine. Bisogna ricordare l'antecedente di falsità storica e di mancanza di moralità civile rappresentato da Casini il quale, addirittura in qualità di presidente della Camera dei deputati, ebbe a infarcire tempo addietro un'apoteosi assolutamente irricevibile dei liberatori americani sbarcati in Sicilia. Allora l'Italia era ancora in guerra con gli americani, non era stato ancora firmato l'armistizio segreto di Cassibile, la nazione aveva il suo legittimo capo dello Stato, il re, e il suo legittimo per quanto autoritario governo. La piaggeria di chi si china prono al vincitore è non meno pericolosa, nel rendere schiava la coscienza, di chi fa antiamericanismo di professione, di ideologia, di fissazione. Con gli americani e per gli americani, non meno che per gli inglesi, noi fummo solo e soltanto una nazione, vinta, sconfitta, in una resa senza condizioni. Certo, sotto la loto tutela e il loro controllo, rinacquero gli istituti parlamentari morti per mano del regime fascista, che fu solo l'esecutore materiale di un effettivo suicidio. E poi, come spiegare il fatto che, appena distrutte Italia e Germania e, in Oriente, il Giappone, non vi fu un'età di pace ma di una lunga, interminabile "guerra fredda" fra gli alleati di prima, la divisione dell'Europa in due barriere inseparabili e il coinvolgimento di gran parte dei popoli del terzo e quarto mondo nelle guerre post-coloniali e per procura? È bene inoltre non confondere la giustezza o la parziale giustezza o fondatezza delle rivendicazioni di un popolo con il tipo di istituzioni interne, cose spesso non coincidenti, salvo il caso di un regime che corrisponde pienamente alla peculiarità di un regime totalitario, a cui non corrispondono per nulla la dittatura fascista e quella ben terribile dei nazisti (ma in cui, ad esempio, uno dei gangli più delicati dello Stato tedesco, gli apparati dei servizi segreti, era nelle mani di antinazisti convinti), come insegnano i più rispettati politologi di scuola liberale, laddove invece nel modello sovietico le strutture dei servizi segreti sono invece elemento essenziale per realizzare il modello "concentrazionario"? Veniamo ancora alle questioni storiche e all'America liberatrice. Come ha ben ricordato il comunista Diliberto, fu il presidente americano Roosvelt a imporre l'ingresso (o il ruolo di "liberatore" agli USA). Roosvelt, presidente democratico, sul quale gravano ombre gravissime per il suo ruolo sopraffattore verso le volontà più volte espresse dal Congresso e dal Senato degli USA, assolutamente contrari ad entrare in guerra. Un presidente che di "liberale" dimostrò di avere ben poco. E poi, che cosa fu la seconda guerra mondiale, in conclusione, se non la disfatta stessa di Francia e Regno Unito, che non avevano voluto considerare le "giuste ragioni" dei tedeschi alla fine della grande guerra determinado in nuce la radicalizzazione dell'estremismo del nuovo nazionalismo tedesco? Cosa fu, se non la scomparsa dell'Europa di fronte ai due colossi, gli USA e l'Unione Sovietica? È bene quindi accogliere nei modi più corretti e senza retorica di circostanza e piaggeria il presidente degli USA. Come rappresentante della nazione amica e alleata alla quale dobbiamo sicuramente tanto, ma in un rapporto vicendevole del dare e dell'avere. Come il rappresentante di un modello istituzionale che, per quanto non privo di rilevanti pecche, dimostra di sapere garantire sempre le libertà civili fondamentali, che dimostra di sapersi correggere e di non temere la "trasparenza" in cose sporche e di sicuro danno all'immagine e alla certezza del diritto, di riconoscere spesso gli errori commessi e di sapere quindi "lavare i panni sporchi" in pubblico. Queste sono le qualità più importanti, che per noi italiani costituiscono davvero dei termini di riferimento fondamentali. Dai quali abbiamo molto ma molto da apprendere. Ad iniziare da quanti fra noi soffrono di inguaribili fobie antiamericane, per i quali il sicuro errore di fondo dell'azione in Iraq è provvidenziale linfa di avversione e odio. Ma dall'Iraq non ci si può ormai ritirare, viste le ultime anticipate deliberazioni dell'assemblea irachena che ha eletto il proprio vertice, salvo appunto se il governo e il popolo, che presto si dovrà avviare a libere elezioni, non decideranno diversamente, e quindi di fare a meno della presenza delle truppe oggi lì presenti, quanto anche di altri eventuali contingenti, compresi quelli sotto diretta egida ONU.

Domenico Cambareri


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