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Latina. Stagione di Prosa. Luca Barbareschi: «Voglio fare il direttore artistico a tempo pieno. Propormi da attore non sarebbe stato etico»
Davanti le Telecamere di ParvapoliS Luca Barbareschi.
Tra gli obiettivi centrati dall'Amministrazione questo è uno dei più
riusciti.
Una stagione veramente interessante. Un fiore all'occhiello...
«Abbiamo classici, teatro sperimentale. Speriamo di aver accontentato
un po' tutti i gusti». Lei non interverrà come attore...
«No, io vorrei fare il mio lavoro, che è quello di direttore artistico.
E lo vorrei fare a tempo pieno». Ma c'è Albertazzi... «Io parlo di come
intendo io il ruolo. Poi ognuno fa quel che vuole. Io penso che questa
debba essere la regola. Altrimenti diventa un abuso di ufficio. Vengo
qui e mi autofinanzio? Allora diventa una truffa, non è più teatro.
Con me queste cose non passano. Se sei onesto in questo paese passi per rompipalli.
Ma o si è onesti in questo mestiere o è inutile farlo».
Un cartellone che ambisce a creare una linea, un orizzonte di confronto tra
contemporaneità sociale e intima, classici riletti, ideali e storie (o Storia) rivisitati,
macchinerie poetiche al servizio di capolavori, fantasismi di alta scuola come
corrispettivo di drammaturgia, attori di varie generazioni a contatto con più scuole di
scrittura e di senso, tecniche che privilegiano la parola e strutture che accentuano
la comunicazione del corpo, ed escursioni teatrali dal passato remoto delle vicende umane
al futuro prossimo venturo, e autori civili che diventano autori genialmente grotteschi,
e spettacoli colmi di emozioni contrastanti, alterne, gaudenti, ammonitrici, da togliere
il fiato, da far pensare, da strappare una risata ma anche un'indicibile commozione:
il teatro è tutto questo e molto di più, e questo progetto di spettacoli vuole
analizzare le fibre, le voci, le grammatiche, le tesi, le merceologie, i sintomi e
i potenziali di repertori e artisti che comunque sono visti in relazione a un oggi, a
una nostra sensibilità, a un nostro bisogno di cerimonia dal vivo da un punto di
vista dell'attore che calca il palcoscenico, Silvio Orlando è garante di uno spiazzamento
della tradizione, Alessandro Gassman è portatore sano di un'energia che si reinscrive
nel tronco della drammaticità alta, Andrea Giordana ha la rara vocazione di manifestare
un doppio volto dedicandosi a un'intelligente nuovo teatro che profetizza il domani,
Alessandro Haber sa mettere a frutto la sua personalità inquieta modificando certi luoghi
comuni di testi universali, Victoria Chaplin è testimone ed epigona (e creatrice permanente)
di una leggerezza assurta a fenomeno magico, Lucrezia Lante della Rovere e Rocco Papaleo
sono entrambi degli irregolari pieni di grazia e di spessori da cui emerge una facoltà di
restituire la luce e l'ombra delle nostre quotidianità, la compagnia degli attori di Giuseppe
Marini ha un sesto senso malinconico e pure gioioso che metaforizza gli scossoni di grandi
testi, Maria Paiato e i suoi compagni affrontano con naturalezza la vera tragedia odierna
che è un grumo di squallore soffocante, Marco Columbro è l'ideale attore che può incarnare
la normalità messa a soqquadro dall'anomalia, Glauco Mauri e Roberto Sturno sono gli
incomparabili duettanti-capocomici che immettono una smaliziata vena di tristezza nel più
contorto dei bailamme discendente dalla commedia, e Mariangela D'abbraccio, Luigi Diberti
e Isa Barzizza sono un cast tutto a disposizione di una nuova e necessaria chiave di
messinscena d'un testo di culto quanto all'identità degli autori, si fa due volte riferimento
a Shakespeare (mai in modo convenzionale), si chiama in causa Goldoni, si rende omaggio
al cinquantenario di un testo di Tennessee Williams, si festeggia il centenario di Cechov,
si fa appello a una commedia tra le più amate di Eduardo De Filippo, si dà visibilità a un
dramma violento e angoscioso di un'autrice russa della Perestrojka, si ospita un lavoro
bizzarro e profetico di una caposcuola della nuova drammaturgia inglese dove è al vaglio
il trauma della clonazione umana, ci si guarda indietro nella nostra identità italiana
con la pacatezza di un autore-regista che studia umori e anime nascoste dei nostri padri
e del passato prossimo giovanile, si adotta la comicità anglosassone di un autore di
soggetti paradossali e invasi da anticlimax, o si prende in carico la teatralità che
certi artisti portano impressa sul corpo, nei tratti gentili di famiglia d'arte quanto
ai registi, ci sono gli appartenenti a un linguaggio dei classici rimodellati
(Armando Pugliese, Glauco Mauri), quelli che spostano le drammaturgie verso la scrittura
scenica (Nanni Garella, Valerio Binasco, Duccio Camerini), quelli che reimpostano la
classicità con rigorosi moduli attorali e spaziali (Giuseppe Marini), chi storicizza e
politicizza Shakespeare (Roberto Cavosi), chi imposta una nuova edizione per sensibilità
(Francesco Tavassi), chi cura il dettaglio di meticolose vicende assurdo-comiche
(Patrick Rossi Gastaldi), e chi dirige una spettacolazione acrobatica di illusionismi e
sottigliezze espressive (Victoria Chaplin e Jean Baptiste Thierrée).
Claudio Ruggiero
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