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Latina. Antonio Pennacchi su L'indipendente: «Una lunga tradizione vuole che Sabaudia porti abbastanza sfiga. Ma secondo me non è vero»

Quest'anno ricorre il settantesimo anniversario dell'inaugurazione di Sabaudia. La fondazione, con la posa della prima pietra, l'aveva fatta il Duce il 5 agosto del '33, ma all'inaugurazione, il 15 aprile 1934, ci aveva mandato solo Sciaboletta, il re. Lui non c'era venuto, anzi, non c'era voluto venire. Tutti dicono difatti - o almeno lo dicono in tanti, in giro per Latina - che Sabaudia porti un tantino iella, e pare che il primo a dirlo fosse proprio Lui. È per questo che ci avrebbe mandato il re ed è solo per questo - secondo gli ipersuperstiziosi come il Duce - che si spiegherebbe l'alto tasso di affogati, ogni estate, su quella precipua fascia di litorale pontino. Ma non è vero niente, sono tutte cazzate: sì, lì se ne annegano ogni anno un po' di più che da noi, ma per il resto, normalmente, la gente vive e muore lì come a Littoria, indifferentemente. Anzi, ci sono pure quelli che ci vincono al totocalcio. C'è chi gli va bene e chi invece gli va male. La iella non esiste: è superstizione, almeno quella legata ai posti. Che un posto porti bene e un altro male è una puttanata, una leggenda metropolitana. È vero solo che alla gran parte della gente qualche volta vada bene e qualche altra male. Esistono poi due esigue minoranze, una che gli va sempre bene e un'altra che gli va sempre male: questi sì che hanno la iella addosso, ma non dipende dal posto, se la portano appresso, dovunque vadano. E questa non è superstizione, è la legge dei grandi numeri, una legge matematica: qualcuno ci deve essere per forza che gli giri sempre storto. Un mio amico, al bar, sostiene che la stessa legge non può non applicarsi pure ai luoghi: la gran massa dev'essere per forza a media intensità, ma una piccola parte dev'essere a iella zero, in cui tutto ti va bene, e un'altra, purtroppo, a magnitudo mille, posti che portano iella. Ma sono chiacchiere da bar. C'è un altro amico difatti - lo chiamano Camparisoda - che ha letto tutto Croce (55 volumi) e che sostiene che la legge dei grandi numeri non esista e che ogni previsione (essendo la presunzione di iella una sorta di previsione) non possa non rivelarsi che fallace, proprio in forza dell'essere stata formulata. Non può più avverarsi. Neanche per morte e morire. Perché è già vissuta. Anche se solo nella nostra testa. Ma anche se solo nella nostra testa, per il cosmo è come se fosse già vissuta. Per davvero. E una volta basta, per il cosmo. Una volta vale tutte, poi si passa ad altro, si deve passare ad altro, poiché le possibilità che il cosmo ha da esplorare sono infinite, e se si mette pure a replicarle sta fresco per davvero. È per questo che non c'è mai una casa realizzata secondo il progetto. Uno si ritrova sempre la cucina più stretta, o una finestra dove andava l'armadio, e una macchia d'umidità dopo neanche un anno. Stai bene a mandare le peggio maledizioni all'architetto (non sapendo che - se hanno ragione Croce e il Camparisoda - così gliele allontani). Non è colpa dell'architetto, è colpa del cosmo: un progetto - qualunque progetto, anche amoroso - proprio in forza dell'essere stato concepito non può più realizzarsi in quella modalità. Deve venire per forza diverso. Anzi, più era bello e perfetto il progetto, più è brutta e manchevole la realizzazione. La iella pertanto non esiste, secondo il Camparisoda. Ed io sono perfettamente d'accordo. Anche se mai ci è riuscito di portarlo con noi fino a Sabaudia.

Antonio Pennacchi


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